Con 109 sì, 77 no e 1 astenuto il disegno di legge costituzionale sul Premierato riceve il primo via libera dal Senato e passa ora alla Camera. “Un primo passo in avanti per rafforzare la democrazia, dare stabilità alle nostre istituzioni, mettere fine ai giochi di palazzo e restituire ai cittadini il diritto di scegliere da chi essere governati”, commenta la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
Mentre a Piazza Santi Apostoli le opposizioni si radunano per dire no alle due riforme – Premierato e Autonomia – che una dall’alto e l’altra dal basso, una volta approvate definitivamente, scardineranno la nostra Costituzione.
Premierato, le questioni irrisolte sul Premierato
Cuore della riforma è l’elezione diretta del presidente del consiglio. Il premier è eletto a suffragio universale e diretto, per la durata di cinque anni. Riceve l’incarico di formare il governo dal Presidente della Repubblica ed è eleggibile per non più di due legislature consecutive, elevate a tre qualora abbia ricoperto l’incarico, nelle prime due, per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi. Ma proprio su questo punto rimangono diversi interrogativi. La cui risposta è rinviata a una legge ordinaria. Restano, tra gli altri, i nodi della legge elettorale da applicare.
I punti da chiarire sono: quale percentuale di voti occorrerà al candidato premier per essere eletto: il 50% o anche meno? Ci sarà un ballottaggio? Come si fa a garantire al premier eletto una maggioranza parlamentare in entrambe le Camere? Ci sarà una soglia per attribuire il premio, e quale sarà? Cosa accade se i risultati delle due Camere sono difformi? Altro tema aperto è anche quello del voto degli italiani all’estero.
La protesta delle opposizioni
“L’Italia così passa dalla primazia del Parlamento alla primazia del governo. Una buona democrazia è tale se esiste al suo interno l’equilibrio tra i poteri, tra esecutivo e legislativo e tra gli stessi e il potere giudiziario. E, non a caso, in questa bulimia di potere avete completato questo scambio politico tra le forze della maggioranza, garantendo irresponsabilmente a ognuno un pezzo di vita del Paese: l’autonomia Spacca Italia (senza Lep) della Lega; i pieni poteri alla Presidente Meloni, infine l’asservimento al Governo del potere giudiziario”, ha detto il presidente dei senatori del Pd, Francesco Boccia.
“Volete modificare gli assetti dello Stato per fare in modo che il potere non sia più contendibile con nessuno”, ha dichiarato il presidente dei senatori del M5S, Stefano Patuanelli, che anche lui punta il dito contro le tre riforme del centrodestra. “L’Autonomia da una parte, il premierato e la riforma della giustizia dall’altra sono un disegno politico molto chiaro. Volete concentrare nelle mani di una sola persona il potere” e questo a noi non va bene.
“Fuori da queste aule, a partire da oggi – ha assicurato il parlamentare – ci confronteremo con la piazza perché c’è un paese che vuole esprimersi nella dinamica referendaria e lo farà bocciando” questa riforma. “Totale contrarietà” al ddl sul Premierato è stata espressa dal senatore di Avs, Peppe De Cristofaro, che parla di una riforma “pericolosa”.
L’appello contro la riforma del premierato
Contrari alla “madre di tutte le riforme” anche Iv e Azione. Oltre 180 costituzionalisti, intanto, hanno firmato un appello contro il premierato, schierandosi con Liliana Segre, che il 14 maggio ha chiesto la parola per intervenire nel dibattito sulla riforma costituzionale che si stava svolgendo nell’Aula del Senato.
“Tutti i timori esposti nell’accorato intervento della senatrice Segre sono fondati – si legge nell’appello -. La creazione di un sistema ibrido, né parlamentare né presidenziale, mai sperimentato nelle altre democrazie, introdurrebbe contraddizioni insanabili nella nostra Costituzione. Una minoranza anche limitata, attraverso un premio, potrebbe assumere il controllo di tutte le nostre istituzioni, senza più contrappesi e controlli”.
E ancora: “Il Parlamento correrebbe il pericolo di non rappresentare più il Paese e di diventare una mera struttura di servizio del governo, distruggendo così la separazione dei poteri. Il presidente della Repubblica sarebbe ridotto a un ruolo notarile e rischierebbe di perdere la funzione di arbitro e garante”.
“Di fronte a tutto questo anche noi – come la senatrice – non possiamo e non vogliamo tacere. Facciamo appello a tutte le forze politiche affinché prevalga l’interesse generale, si ascoltino gli allarmi che autorevolmente sono stati lanciati e si prevengano i pericoli. Finché siamo in tempo”. Firmatari dell’appello anche alcuni ex presidenti e vicepresidenti della Corte costituzionale come Enzo Cheli, Ugo de Siervo, Gaetano Silvestri, Gustavo Zagrebelsky.