L’occupazione cresce, è vero, ma la sua qualità no. Anzi, i dati apparentemente positivi sul mercato del lavoro nascondono tante cattive notizie riguardanti l’occupazione di bassa qualità, i contratti precari e tanti altri problemi sottolineati dallo studio realizzato dalle aree politiche per lo sviluppo e mercato del lavoro della Cgil.
Il report evidenzia come i toni trionfalistici del governo sul mercato del lavoro e sull’occupazione siano, in realtà, tutt’altro che giustificati. Si parte dai dati dell’ottobre del 2023, quando si sono registrati 23,7 milioni di occupati, con un tasso del 61,8%. Un livello alto rispetto al passato, ma ancora “il più basso di tutta l’Unione europea”. Nettamente inferiore a Germania (77,5%), Francia (68,7%) e Spagna (65,8%).
I dati sull’occupazione: confronto impietoso con l’Ue
Lo studio analizza il tasso di inattività che si attesta al 33,3% ed è il più alto dell’Eurozona, molto superiore rispetto a Germania (20,1%), Francia (26,2%) e Spagna (25,6%). Rispetto all’ottobre del 2008, quando è iniziato un periodo caratterizzato da diverse crisi, l’incremento dell’occupazione deriva da una crescita dei lavoratori dipendenti, in aumento di 1,5 milioni, e da un calo degli indipendenti (743mila in meno).
Il lavoro di bassa qualità
Partendo da questi dati, la Cgil evidenzia un altro aspetto: per i contratti da lavoro dipendente a crescere è soprattutto l’occupazione di bassa qualità: aumentano enormemente gli occupati a termine (+30,2%, raggiungendo quota 3 milioni), in particolare stagionali, somministrati, tempi determinati, intermittenti e con contratti di prestazione occasionale.
Quindi la crescita degli occupati è dovuta, per circa la metà, all’aumento dei contratti a termine. Negli ultimi 15 anni il tasso di precarietà dipendente è aumentato dal 13,1% al 15,7% e il peggioramento della qualità dell’occupazione viene dimostrato anche dalla crescita del tasso di part-time involontario: sale dal 41,3% del 2008 al 57,9% del 2022, diventando il più alto dell’Eurozona.
Il rapporto evidenzia anche la riduzione delle ore lavorate pro-occupato dipendente e incide pesantemente sulle retribuzioni medie di oggi (le uniche a non crescere nell’area Ocse) e sulle pensioni di domani proprio il lavoro non standard, molto discontinuo dal punto di vista contrattuale e con bassa intensità di lavoro.
Un altro aspetto segnalato è quello demografico: alla crescita del tasso di occupazione ha contributo anche il drastico calo della popolazione in età da lavoro, in calo di 1,7 milioni. Secondo la segretaria confederale della Cgil, Maria Grazia Gabrielli, il report dimostra che la “qualità del mercato del lavoro italiano versa in condizioni critiche”.