Sos giovani tra discontinuità lavorativa e basse retribuzioni. Completati gli studi, nei cinque anni successivi, soltanto poco più di uno su tre (il 37,2%) può contare su un lavoro stabile, il 26% è un precario con contratto a termine e un quarto degli under-35 (il 23,7%) risulta disoccupato, mentre il restante 13,1% è uno studente-lavoratore. E’ quanto emerge dal report realizzato dal Consiglio nazionale del giovani in collaborazione con Eures (qui il report) sulle condizioni e prospettive occupazionali, retributive e contributive degli under-35.
All’interno di tale scenario un’ampia maggioranza (il 58,9% negli ultimi tre anni) indica di ricevere una retribuzione inferiore a 10 mila euro annui (il 23,9% inferiore a 5 mila e il 35% tra 5 e 10 mila), mentre per il 33,7% risulta compresa tra 10 e 20 mila euro e soltanto nel 7,4% dei casi supera i 20 mila euro (cioè 1.650 euro mensili). E la precarietà sul lavoro diventa precarietà esistenziale. Il percorso verso l’autonomia resta, per tanti ragazzi, un sogno nel cassetto: il 50,3% degli under-35 vive ancora con i propri genitori, mentre circa quattro giovani su dieci (37,9%) vivono da soli o con il proprio partner.
Tra coloro che possono contare su un lavoro stabile, il 56,3% ha creato un nucleo familiare, rispetto al 33,5% dei coetanei che non è riuscito a farlo a causa di un lavoro discontinuo. La mancanza di certezze dal punto di vista occupazionale, secondo il report, condiziona anche la scelta di avere figli: soltanto il 6,5% dei giovani tra i 18 e i 35 anni afferma infatti di avere bambini (8,8% tra i lavoratori stabili), mentre un terzo (33%) dichiara di non averne e di non volerne neanche negli anni a venire. Mancano, spesso, le condizioni per mettere su famiglia: solamente il 12% degli under 35 è proprietario della casa in cui abita.
Uno su 10 (11%) ha provato ad acquistare un appartamento e il 7,8% è riuscito ad ottenere un mutuo. Il 40% dei giovani non prova nemmeno a chiederlo perché consapevole della mancanza di requisiti. E la precarietà lavorativa ed esistenziale si traduce in una sfiducia nei confronti del sistema pensionistico. Il 44,4% pensa che andrà in pensione dopo i 70 anni, il 35,4% tra i 65 e 69 anni ed appena il 10,7% prima dei 65 anni. E, ancora, il 73,9% immagina che l’importo dell’assegno pensionistico che potrà ricevere non gli consentirà di vivere dignitosamente.
“I giovani non sono un problema da risolvere ma un potenziale da sviluppare con investimenti in formazione e nelle transizioni gemelle: ecologica e digitale”, dichiara la presidente della commissione Lavoro del Senato, Susy Matrisciano (M5S, nella foto). “Quando si parla di giovani risulta quanto mai indifferibile – ha spiegato – agganciare la riflessione anche alla necessità di una riforma previdenziale capace di assicurare pensioni dignitose a chi oggi lavora, oltre alla piena sostenibilità del sistema previdenziale, sulla quale una flessibilità troppo spinta può incidere negativamente”.
Per l’esponente M5S occorre intervenire su più fronti: “servono incentivi per agevolare l’instaurazione di rapporti di lavoro stabili, va sostenuto il ricorso alla staffetta generazionale per facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro dei giovani, ma soprattutto è indifferibile introdurre una legge sul salario minimo orario, che può garantire, nel breve termine, retribuzioni adeguate, aumentando il potere d’acquisto dei lavoratori, e, nel medio e lungo termine assicurare pensioni dignitose, proprio a quei giovani, che oggi se lavorano sono precari e percepiscono salari troppo bassi per vivere dignitosamente”.