Povertà assoluta, la retorica del governo si schianta sui numeri: il rischio aumenta per le famiglie con più figli

Il governo esalta la natalità, ma i dati dicono altro: più figli significa più povertà e meno futuro. La politica ignora la realtà

Povertà assoluta, la retorica del governo si schianta sui numeri: il rischio aumenta per le famiglie con più figli

Il governo si riempie la bocca di retorica sui figli per la patria, ma i numeri raccontano un’altra storia. Nel 2023 le famiglie con minori in condizione di povertà assoluta sono aumentate, segnando un peggioramento delle condizioni economiche di chi già si trovava ai margini. I dati elaborati da Openpolis su base Istat parlano chiaro: la povertà assoluta ha colpito il 12,4% delle famiglie con minori, in crescita rispetto al 2022 (+0,7 punti percentuali). Questo significa che quasi 748mila nuclei familiari con figli non sono in grado di soddisfare i bisogni essenziali per una vita dignitosa.

La povertà non è un destino, ma in Italia lo diventa

La povertà ha radici profonde e si intreccia con un problema cronico del paese: la bassa mobilità sociale. Chi nasce povero in Italia ha molte meno possibilità di migliorare la propria condizione rispetto ad altri paesi europei. Secondo le stime dell’Ocse, servono cinque generazioni per raggiungere il reddito medio partendo dal 10% più basso della popolazione. In altre parole, un bambino nato in una famiglia in difficoltà oggi ha davanti a sé un destino già scritto.

Le famiglie più colpite sono quelle in cui la persona di riferimento ha un impiego da operaio, indipendente o è in cerca di lavoro. Tra gli impiegati l’incidenza della povertà assoluta è passata dal 15,6% al 19,4% in un solo anno, segnalando un peggioramento netto per quella fascia di popolazione che fino a qualche tempo fa veniva considerata relativamente stabile. Il fenomeno del lavoro povero è ormai strutturale: avere un’occupazione non è più garanzia di una vita dignitosa.

Figli e miseria: più sono, più pagano il prezzo

A pesare è anche il numero di figli a carico. Il tasso di povertà assoluta cresce con l’aumentare dei minori in famiglia: dal 6,6% per chi ha un solo figlio, all’11,6% per chi ne ha due, fino a sfiorare il 19% per le famiglie con tre o più figli. Per le famiglie con quattro o più figli, il tasso di povertà supera il 22%, dimostrando che il numero di minori a carico è un fattore determinante nel rischio di povertà. Inoltre, l’incidenza della povertà è maggiore tra le famiglie monogenitoriali, dove tocca il 15,3%.

Non è solo una questione di reddito. La povertà è una condizione che si tramanda, un’eredità pesante che limita le opportunità educative e sociali delle nuove generazioni. L’Italia è tra i paesi europei con minore mobilità sociale, una posizione che si riflette anche nel Global Social Mobility Report del World Economic Forum, dove il nostro paese si trova nella parte bassa della classifica. Se si analizza la situazione a livello territoriale, emerge che il Mezzogiorno è la zona più colpita: l’incidenza della povertà assoluta tra le famiglie con minori è del 15,5% nel Sud e nelle Isole, contro il 12,9% del Nord.

A fronte di questo scenario, la risposta delle istituzioni è stata debole. I tagli al welfare e le politiche di sostegno frammentarie non hanno invertito la tendenza. L’abolizione del reddito di cittadinanza, sostituito con misure più restrittive e selettive, ha lasciato senza protezione molte famiglie. 

Povertà e crisi economica: redditi insufficienti

Nel 2023, oltre 1 milione e 295mila minori in Italia vivevano in condizioni di povertà assoluta, pari al 13,8% della popolazione under 18. Per la fascia 7-13 anni del Centro Italia, l’incidenza della povertà è passata dal 10,7% al 13,9% in un solo anno. Il peggioramento è stato più marcato tra le famiglie con redditi medio-bassi, segno che la crisi economica e l’inflazione hanno colpito anche chi prima riusciva a mantenersi appena sopra la soglia della povertà.

Se si considera il rapporto tra povertà e livello di istruzione, emerge che nelle famiglie dove la persona di riferimento ha solo la licenza elementare, il tasso di povertà assoluta è del 23,2%, mentre scende all’8,4% tra chi possiede un titolo di studio superiore. Anche il tipo di occupazione incide significativamente: le famiglie con un capofamiglia operaio hanno un’incidenza del 19,4%, contro il 3,7% di quelle con un dirigente o un quadro.

Il divario si riflette anche sulla possibilità di accesso ai servizi per l’infanzia. Nel 2023, il 35% delle famiglie con figli sotto i tre anni non aveva accesso ad asili nido o servizi per la prima infanzia, percentuale che supera il 50% nel Mezzogiorno. Questo aspetto è cruciale, perché la possibilità di accedere ai servizi educativi nei primi anni di vita è uno dei principali fattori che determinano la mobilità sociale futura.

La povertà minorile in Italia non è solo un dato economico, ma un indicatore di un sistema che perpetua disuguaglianze generazionali. Non basterà chiedere di fare figli per la patria perché ci siano più figli. Non reggerà a lungo nemmeno la retorica propagata tra convegni e canzonette.