di Raffaella Salato
Età media 47 anni, concorsi che non si vedono da cinque anni, organico insufficiente, stipendi da fame. È il prezzo che si paga per essere “figli dell’opposizione e orfani dei governi”, dice il segretario dei vigili del fuoco della Uil, Alessandro Lupo. E in effetti, nel disagio generale dei diversi corpi delle forze dell’ordine, i vigili del fuoco non sono quelli che se la passano meglio. Sia in servizio, che in pensione.
Lo stallo
La riforma Fornero, innalzando l’età pensionabile, va infatti ad penalizzare sensibilmente il comparto, che è oggi il più “vecchio” fra quelli preposti alla sicurezza: l’età media di un vigile del fuoco è infatti di 47 anni, e non essendovi un adeguato turn-over la cifra anagrafica è destinata a crescere ulteriormente. Se da un lato i veterani non vanno in pensione fino a tardi, dall’altro i giovani non vengono immessi nelle fila dei pompieri: l’ultimo concorso risale al 2008, e non sono pochi gli idonei che, pur avendo superato tutte le prove selettive, ancora attendono di essere assunti. Queste unità potenzialmente permanenti vengono scalzate dai volontari, che vanno dunque a costituire un corpo fatto prevalentemente da precari, peraltro insufficienti in numero, dal momento che ad oggi esso risulta carente di circa 5 mila operativi. “Assurdo che il sistema pensionistico rivisitato dalla Fornero non abbia tenuto conto delle caratteristiche specifiche del lavoro dei vigili del fuoco”, protesta il segretario generale della Fns Cisl, Pompeo Mannone. Sugli stipendi poi è un disastro. La retribuzione base di un vigile del fuoco è addirittura più bassa di quella di un suo pari grado poliziotto, attestandosi su circa 1.200 euro mensili (cifra ferma al 2010). “Se non si riesce a sbloccare lo stipendio,” continua Mannone “sarebbe opportuno almeno intervenire sullo strumento accessorio dell’una tantum, che nel 2012 era finanziata dallo Stato per il 46% e oggi solo per il 16%”.
Ma la busta paga è solo uno dei problemi che compromettono la remunerazione del corpo: nell’anno in corso i vigili del fuoco non si sono ancora visti accreditare neppure un euro di straordinario, e – come se non bastasse – sono loro stessi ad anticipare sistematicamente il denaro delle proprie trasferte di servizio. Con situazioni che hanno il sapore della beffa. In Sicilia, ad esempio, i pompieri impiegati strenuamente nell’alluvione di Messina del 2009 hanno ricevuto gli emolumenti straordinari con un grandissimo ritardo e per di più assoggettati a una tassazione tanto elevata da ridurre questi compensi a zero, se non a trasformarsi persino in una perdita fiscale.
Problemi, questi, che verranno affrontati oggi a Roma. “Abbiamo indetto una conferenza nazionale – spiega Franco Giancarlo, segretario nazionale della Confsal vigili del fuoco – durante la quale lanceremo delle proposte. Quello che auspichiamo è che con l’arrivo del nuovo governo si raggiunga un’equiparazione tra i vigili del fuoco e le altre forze dell’ordine”. In un recente rapporto Istat, è stato poi evidenziato come i vigili del fuoco siano i più amati dagli italiani. Un segnale di apprezzamento al quale per ora non hanno fatto seguito le attenzioni del governo.
L’assenza di fondi
La mancanza di risorse è poi per questo corpo una piaga drammatica. Non ci sono fondi per la manutenzione ordinaria di mezzi e strumenti, e a rimetterci sono particolarmente i comparti a più elevato livello di specializzazione, quali i nautici, i sommozzatori e gli elicotteristi (questi ultimi non esistono praticamente più).
Situazione grave, se si considera che il nostro territorio è interessato quasi quotidianamente da emergenze e che il corpo dei Vigili del Fuoco è l’unico veramente preposto al “soccorso” (a Protezione Civile e volontari sarebbe invece demandata l’assistenza, ad uno stadio successivo di intervento). Che sia per questo che i bambini di oggi, così come avveniva fino a un paio di generazioni fa, alla classica domanda dei parenti rispondono sempre di meno: “Da grande voglio fare il pompiere!”.