Il pallottoliere di Silvio Berlusconi perde pezzi, giorno dopo giorno. Anche perché era stato gonfiato, ad arte, dalla propaganda. Per l’ex presidente del Consiglio, il Quirinale resta un’utopia, il sogno di una vita che si scontra con la dura realtà dei numeri: la soglia dei 505 grandi elettori è sempre più lontana. Addirittura gli ex berlusconiani, oggi con Giovanni Toti, guardano altrove. Le parole fiduciose del coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, servono per serrare i ranghi nel centrodestra.
Secondo Tajani i numeri ci sarebbero: la base è formata dai circa 450 grandi elettori, riconducibili al centrodestra, a cui si aggiungerebbero i voti di Italia viva e successivamente quelli del gruppo Misto. Un bottino inatteso di almeno 50 voti. Un messaggio a Lega e Fratelli d’Italia per lasciar intendere che l’ex presidente del Consiglio non ha affatto abbandonato il sogno di scalare il Colle. Matteo Salvini e Giorgia Meloni sono avvisati: devono attenersi alla linea ufficiale, così come ogni singolo esponente azzurro.
Ma davvero tanti parlamentari si possono convincere last minute? Basta scorgere l’elenco dei nomi per svelare la fake news. Innanzitutto nel Misto alla Camera c’è la componente Alternativa, formata da tutti ex del Movimento 5 Stelle, che non voterebbero Berlusconi nemmeno sotto tortura. Stesso discorso per gli ecologisti guidati da Rossella Muroni, mentre dal drappello di Azione e +Europa, potrebbe giusto venire fuori un voto: quello di Enrico Costa, ex berlusconiano, ora alla corte di Carlo Calenda.
Altamente improbabile che il Cav possa pescare dal Centro democratico di Bruno Tabacci, che conta nelle proprie fila quasi tutti ex del M5S. Stesso discorso vale per la stragrande maggioranza dei deputati non iscritti ad alcuna componente. Tra loro ci sono Giorgio Trizzino, il siciliano amico di Sergio Mattarella, Alessio Villarosa, l’ex sottosegretario al Mef ora molto vicino ad Alessandro Di Battista, e altri come Cristian Romaniello, Massimo Enrico Baroni, Maria Laura Paxia Simona Suriano e Michele Sodano, che hanno polemicamente lasciato i pentastellati: è lunare l’ipotesi che possano sostenere Berlusconi.
E non è diverso il discorso al Senato, dove nel Misto ci sono profili, sempre ex M5S, come Mattia Crucioli, Gregorio De Falco, Bianca Laura Granato ed Elio Lannutti che, insieme a molti altri, ritengono irricevibile la candidatura del leader di Forza Italia. Nella migliore delle ipotesi, può raggranellare 4-5 voti dal Misto, tipo quello di Mariarosaria Rossi, ex tesoriera del partito azzurro, unito ad altri provenienti dagli eletti all’estero. Ma la soglia dei 50 è lontana mille miglia.
Numeri alla mano, insomma, si sgonfia l’ambizione quirinalizia di Berlusconi. E così la tesi espressa dai suoi sostenitori assume le sembianze di un’operazione di auto-convincimento. Peraltro, i corridoi della Camera circola un’osservazione: è impensabile una votazione per la Presidenza della Repubblica senza franchi tiratori, anche tra i votanti dati per certi. A maggior ragione se il nome da votare è quello di Berlusconi, divisivo soprattutto tra le nuove leve di Lega e Fratelli d’Italia.
E che gli umori virino sul negativo, è chiaro anche negli ambienti di centrodestra. “Suggerisco umilmente al presidente Berlusconi di parlare meno da leader politico”, ha dichiarato il presidente della Regione Liguria Toti, co-fondatore di Coraggio Italia con Luigi Brugnaro. “Un segretario di partito non è normalmente il miglior candidato alla presidenza della Repubblica”, è il ragionamento dell’ex braccio destro di Berlusconi.
gruppi parlamentari di Forza Italia cercano di capire come muoversi, andando oltre lo smarrimento per l’irrigidimento del loro leader. Certo, le minacce di voto anticipato sono una pistola scarica messa sul tavolo. Un’eventuale escalation verso il ritorno alle urne provocherebbe uno smottamento mai visto all’interno degli azzurri: in pochi avrebbero chance di rientrare in Parlamento e a quel punto meglio garantirsi un altro anno di legislatura, senza seguire l’anziano leader in un’avventura senza sbocchi. Anche perché dopo il Quirinale, la parabola berlusconiana è destinata all’inesorabile declino. E anche gli alleati hanno tutto l’interesse a scrivere questo finale.