La difficoltà nella difficoltà. Se Lega e Cinque Stelle stanno incontrando non pochi ostacoli nell’individuare un presidente del consiglio condiviso, la situazione non sembra più facile nella scelta del nuovo inquilino di via XX Settembre. Le partite naturalmente si intrecciano, vista l’importanza del ruolo di ministro dell’economia, peraltro deputato a rappresentare le istanze italiane nei vertici con le istituzioni comunitarie. Ma in questo caso l’operazione è “complicata” dal fatto che al super ministero sono due le poltronissime da assegnare. Come spiegato da La Notizia dell’11 maggio scorso, infatti, in lizza c’è anche l’incarico di Direttore generale del Tesoro, di fatto il numero due del dicastero, lasciato scoperto da Vincenzo La Via. La novità delle ultime ore è che su spinta dei Cinque Stelle, ma anche con una discreta condivisione leghista, sta emergendo il nome di Antonio Guglielmi, “banchiere” di lungo corso in Mediobanca.
Il personaggio – Guglielmi, che adesso in piazzetta Cuccia è responsabile dell’equity market, per tantissimi anni è stato a capo di Mediobanca Securities, la controllata londinese che si occupa di analisi ad ampio raggio. Proprio in questa veste l’analista-banchiere ha avuto modo di annusare spesso il mondo grillo-leghista. L’anno scorso è assurto agli onori della cronaca un report, curato dalla sua squadra, in cui si faceva un’analisi costi-benefici di una ridenominazione del debito pubblico italiano nel caso di uscita dall’euro. Il dossier, all’epoca, e stato “stiracchiato” da una parte e dall’altra, a seconda degli interessi perseguiti. Ma di fatto metteva nero su bianco un conto piuttosto salato per un’Italia fuori dalla moneta unica: non proprio un assist per posizioni euroscettiche. Detto questo, però, Guglielmi è sempre stato considerato un “eretico”, almeno rispetto alle letture economiche codificate da quel tempio della finanza che è Mediobanca. In ogni caso è stato proprio lui, tra il 2013 e il 2014, a entrare in contatto con gli allora “professori anti-euro”, ovvero Antonio Maria Rinaldi, Claudio Borghi e Alberto Bagnai, particolarmente “attenzionati” da pentastellati e leghisti (gli ultimi due, alla fine, sono stati eletti in Parlamento sotto le insegne del Carroccio). Detto questo la domanda è: che incarico si ha in mente per Guglielmi? Ai grillini piacerebbe assegnargli un ruolo di peso a via XX Settembre. Qualcuno si spinge a ipotizzare una poltrona da ministro, viste le forti perplessità maturate in questa direzione dal leghista Giancarlo Giorgetti, da molti indicato come candidato ideale per il massimo scranno di via XX Settembre. Ma l’esplosività dei dossier da trattare, dalla flat tax al reddito di cittadinanza, stanno suggerendo a Giorgetti un’altra strada, che magari porterà a palazzo Chigi (se con un ruolo da premier o da sottosegretario è ancora da decidere, vista la difficoltà nella definizione degli equilibri).
Gli altri – Di sicuro al ministero dell’economia sono in tanti a scalpitare per un upgrade, in primis per la poltrona di Direttore generale, fondamentale per la preparazione tecnica dei dossier europei. A quanto pare sono almeno tre gli interni che non disdegnerebbero una promozione. Uno è Antonino Turicchi, oggi capo della Direzione finanza e privatizzazioni, in passato anche Dg della Cassa Depositi e Prestiti. Poi c’è l’attuale capo economista del Tesoro, Riccardo Barbieri Hermitte, che vanta una vasta esperienza nel mondo della banche d’affari. Infine Alessandro Rivera, ora capo della Direzione sistema bancario e finanziario. La realtà è che, a prescindere dalla scelta finale, sono questi i profili che reggono i fili del ministero più importante e difficile.