di Valeria Di Corrado
Dopo la bolletta, la colletta. I poliziotti più anziani sono arrivati a racimolare ogni mese 20-30 euro a testa per aiutare i colleghi più giovani, alle prese con il mutuo o l’affitto da pagare. Tutto questo perché indennità, straordinari e buoni pasto vengono pagati con mesi di ritardo. Lo stipendio da agente non basta per mandare avanti una famiglia. I contratti della Polizia sono infatti bloccati da 15 anni e, nel frattempo, il costo della vita è salito vertiginosamente. Senza contare che non viene dato nessun incentivo economico a chi sta tutto il giorno per strada, rispetto a chi lavora più “comodamente” in ufficio, nei commissariati o nelle questure. Troppi che guadagnano pochi spiccioli rischiando la vita e i soliti eletti che percepiscono cifre da capogiro. “La crisi è per chi rischia la vita e non per chi rischia la carriera”, si lamentano gli agenti dei reparti mobili e speciali.
Nuove forme di welfare
Visto che lo Stato non solo non li aiuta (aggiornando i compensi all’inflazione) ma li penalizza (pagando in ritardo), i poliziotti stanno adottando una nuova forma di welfare solidale. Quelli in difficoltà chiedono ai colleghi con una casa di proprietà o figli già autonomi di avere in prestito piccole somme, da restituire non appena arriva il tanto atteso bonifico sul conto bancario. Così facendo, però, si crea un circolo vizioso, che torna a ripetersi ogni mese. Perché su uno stipendio che va dai 1.250 euro (per i neoassunti) ai 1.400 euro, bisogna sottrarre canoni d’affitto o rate del mutuo da 700-800 euro. Resta poco per vivere. “Abbiamo retribuzioni da uscieri, bloccate orma da 15 anni – racconta Pasquale Di Maria, segretario del sindacato Siap Campania – Per questo siamo costretti a fare le collette tra di noi. L’ultima volta in 200 agenti del reparto mobile abbiamo raccolto 30 euro a testa per aiutare un collega a pagare le spese legali per il divorzio. E si tratta di una situazione generalizzata. La metà dei poliziotti ha un prestito, un mutuo o un affitto sulle spalle”. E dove non arriva la solidarietà di categoria, ci pensa quella familiare: suocere o nonne.
Ritardi su ritardi
I soldi per indennità, straordinari e buoni pasti vengono retribuiti con mesi di ritardo. In particolare, fino alle 55 ore di straordinario si paga dopo 3 mesi, dalle 56 alle 80 ore dopo sei mesi, dalle 80 ore in poi si ha diritto ad alcune giornate di riposo compensativo, magra consolazione per chi passa 12 ore sulla strada ogni giorno. Stesso discorso per i buoni pasto: molti poliziotti ottengono i ticket per le consumazioni “oltre l’orario di servizio” dopo quattro mesi.
E poi ci si mettono anche i ritardi negli accrediti. Il caso più clamoroso è quello di Napoli: 450 agenti impiegati nei reparti mobili, sui 4.500 a livello nazionale. Il Ministero degli Interni comunica alla Prefettura partenopea che sono state stanziate le somme per i pagamenti, ma la cifra arriva agli agenti settimane dopo. “Succede sempre così. Il 17 maggio siamo dovuti ricorrere a una manifestazione di protesta per farci pagare – spiega Pasquale Di Maria, segretario Siap Campania – Non solo ci retribuiscono meno di una colf per ogni ora di straordinario (6 euro), ma quei circa 150 euro che racimoliamo mensilmente tra indennità e altro ci arrivano tardi. Sono soldi che servono per sopravvivere. Ormai ci hanno tolto la serenità. Andiamo al lavoro con l’incubo di ricevere una multa o una cartella esattoriale da Equitalia. E il leitmotiv tra i colleghi è: quando ci pagano?”.
Alcune banche sono arrivate a posticipare le scadenze della rata sul mutuo perché sanno bene che l’amministrazione non paga per tempo. Ma poi ci sono bollette di luce e gas, condominio, Imu, tassa sui rifiuti, eccetera, eccetera. Lì se non saldi per tempo scatta subito la mora. “A noi gli interessi legali sui ritardi nei pagamenti non ci sono mai stati dati – osserva Pasquale Di Maria – Viene da chiedersi che fine danno quei milioni di euro”.