di Gaetano Pedullà
Inutile illudersi. Lo scontro sulla giustizia non finirà mai. Le large intese in Parlamento valgono zero se prima non cadrà quel muro di odio che divide politica e magistratura. Un muro che da vent’anni, da Tangentopoli a oggi, continua a crescere, mattone dopo mattone. E oggi ha raggiunto vette troppo alte perché i due poteri – legislativo e giudiziario – possano tornare a funzionare (e cooperare) anziché a confliggere, in una sorta di derby permanente
La sentenza d’appello che ieri sera ha confermato la condanna a Berlusconi per le presunte tangenti sui diritti Mediaset, con l’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici, ha annientato in un attimo lo sforzo di voltar pagina indicato da Napolitano e raccolto a fatica dai partiti, riusciti poco prima ad eleggere Nitto Palma (un galantuomo) alla presidenza della commissione giustizia del Senato. Uno sforzo inutile, come togliere l’acqua con un cucchiaino da una nave piena di falle che affonda. Il Pdl è tornato a parlare di persecuzione giudiziaria. I nemici del “banana” gongolano, come se Berlusconi – e non l’agonia di un sistema Paese – sia il vero problema da cui discende lo sfascio che ci affama.
Si torna così a parlare di elezioni. Con una nuova sconfitta di quel diritto di cui la magistratura dovrebbe essere sacerdote. A sfiduciare Letta e il suo governo delle larghe intese non è infatti una maggioranza di parlamentari, ma un tribunale. Perché in questo clima la sentenza di Milano – al di là di ogni considerazione sul merito – ha in concreto solo questo effetto. Berlusconi tenterà di difendersi, anche a costo di favorire gli scenari più imprevedibili, compreso un fragile governo sostenuto da Pd e Grillo (che lo metterebbe nella posizione più facile di capo dell’opposizione). Certo, Napolitano potrebbe dimettersi e aprire la strada a nuovo presidente della Repubblica ostile al cavaliere. Ma quando tutto è perduto, che altro può far male? Senza abbattere però questo muro che divide politica e magistratura a farci male saremo tutti. Non esclusi politici e magistrati.