Per mettere in cassaforte la sua elezione a sindaco di Rosarno, il forzista Giuseppe Idà era davvero disposto a tutto, perfino a scendere a patti con la ‘ndrangheta. Questo almeno è quanto pensa la procura di Reggio Calabria, diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, che ha arrestato 49 persone tra cui spicca il nome del primo cittadino che è finito ai domiciliari in quanto avrebbe chiesto e ottenuto l’appoggio della cosca Pisano, meglio nota come “i diavoli” di Rosarno, alle elezioni comunali del 2016. Per tutti, le accuse sono a vario titolo di associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, traffico di stupefacenti, detenzione illegale di armi, tentato omicidio, usura e procurata inosservanza di pena.
Stando al capo di imputazione il sindaco, ex Udc poi passato a Forza Italia, nel 2016, “in qualità di candidato alla guida del Comune avrebbe chiesto a Carmine Pesce di procurargli voti”. Inoltre avrebbe accettato la promessa dei voti della cosca Pisano in cambio dell’assegnazione al consigliere Domenico Scriva, anche lui finito ai domiciliari, dell’assessorato ai lavori pubblici o, comunque, l’attribuzione di un altro incarico di prestigio. Un rapporto stretto con la cosca che, sempre secondo i magistrati, avrebbe riguardato anche il mutamento della destinazione urbanistica di alcuni terreni di proprietà dei “diavoli” vicino allo svincolo autostradale di Rosarno, la riapertura del centro vaccinale in un immobile di pertinenza della famiglia Pisano e, per non farsi mancar nulla, anche la richiesta di assegnare la carica di vicesindaco a un uomo di fiducia del clan.
LA SCOPERTA. Come spiegato dal procuratore Bombardieri l’inchiesta, iniziata nel 2016 e finita nel 2020, “prende le mosse dalle dichiarazioni di Lorenzo Bruzzese, che ha indicato come i Pisano fossero particolarmente attivi sul fronte del traffico di droga”. Ma dalle indagini è emerso che il clan si occupava anche di “usura e estorsione” mostrando anche “capacità di condizionare l’attività amministrativa”. Proprio quest’ultimo aspetto sarebbe emerso guardando alla lista civica di centrodestra che sarebbe stata progettata da Francesco Pisano, definito dai pubblici ministeri lo “stratega elettorale” del clan. È quest’ultimo che con il padre dell’allora aspirante sindaco parla delle strategie elettorali, del programma e, addirittura, disegna il logo della lista.
Fatti per i quali il procuratore Bombardieri assicura che è emersa “piena consapevolezza dell’appoggio criminale” ricevuto da Idà. Un legame che, spiega il procuratore aggiunto Gaetano Paci, emerge anche “dalla prima uscita pubblica del candidato sindaco, poi eletto” che “è stata concordata prima con i referenti della cosca anche nei suoi dettagli grammaticali”. Il riferimento è, tra le tante, all’intercettazione in cui il forzista contatta il suo referente perché un semplice dubbio grammaticale lo attanaglia. “Perché tutti siano orgogliosi, perché vorrei che tutti i rosarnesi siano orgogliosi… Giusto? è italiano? o fossero orgogliosi?” chiede, sentendosi rispondere “fossero”.
Rapporti poco chiari che a Rosarno hanno rapidamente dato il via ad una serie di voci incontrollate che avrebbero spaventato il sindaco. Per questo Idà, temendo di finire nel mirino dell’antimafia, avrebbe simulato un allontanamento dai clan che, evidentemente, non lo ha salvato dalle indagini. “L’intenzione del sindaco”, spiegano i pm, era “di cucirsi addosso l’immagine di paladino della legalità, disconoscendo la vicinanza con le consorterie ‘ndranghetische tra cui i diavoli e i Pesce”.