Che sia l’Istat o l’Inps, ogni giorno ci sono nuovi dati che smontano la narrazione meloniana dell’Italia che cresce più della media europea o dell’occupazione che aumenta.
Il Rapporto annuale dell’Inps, presentato martedì, ci dice che i posti di lavoro sono sì saliti ma con salari da fame, che il tasso di occupazione rimane comunque lontano dalla media europea e che giovani e donne continuano a rimanere anelli deboli nel mercato del lavoro.
Il tasso di occupazione italiano lontano dalla media dei Paesi Ue
“Nonostante i progressi degli ultimi anni del tasso di occupazione, il differenziale tra l’Italia e la media dei Paesi dell’area euro rimane negativo e costantemente attorno a 8-9 punti percentuali. In particolare, nel 2023, è pari a circa -16 punti rispetto alla Germania, -7 rispetto alla Francia, -4 rispetto alla Spagna”.
Su questi differenziali – spiega l’Istituto – pesano gli “elevati valori del gender gap italiano: il tasso di occupazione degli uomini supera, infatti, il 70%, mentre quello delle donne si ferma sopra il 53%. Una distanza di 17 punti percentuali, molto più ampia di quella delle altre principali economie europee”.
L’Italia mostra, inoltre, un “ritardo significativo nell’occupazione giovanile. Il tasso di occupazione nella fascia di età 15-29 scende, infatti, sotto il 35%, circa 15 punti percentuali meno di Francia e quasi 30 meno della Germania.
Oltre ad una minore occupazione, i giovani italiani mostrano anche un minore coinvolgimento nei processi formativi. Il 16% dei giovani tra i 15 e i 29 anni né lavora né è inserito in percorsi di formazione, 4 punti percentuali più della Francia, 7 più della Germania”.
L’occupazione cresce ma con salari da fame
Al recupero occupazionale, sia in termini di unità che di intensità di lavoro, peraltro, “non è corrisposto un incremento dei redditi e delle retribuzioni tale da compensare pienamente la perdita di potere d’acquisto conseguente alla recrudescenza del fenomeno inflattivo”, si legge sempre nel Rapporto Inps, nel quale si sottolinea come si sia registrato un aumento lordo dei salari monetari del 6,8% rispetto al 2019 a fronte di un aumento dei prezzi però attorno al 15-17%.
Un altro dato che emerge dal Report è che l’età media di accesso alla pensione in Italia, grazie alla possibilità di uscire in anticipo rispetto all’età di vecchiaia, è di 64,2 anni e questo, insieme alla generosità dei trattamenti rispetto all’ultima retribuzione, rischia di creare squilibri per il sistema previdenziale.
Il gap salariale uomini-donne si misura anche sull’assegno previdenziale. L’importo medio mensile dei redditi pensionistici percepiti dagli uomini risulta superiore a quello delle donne di circa il 35%.
Dal presidente dell’Inps è arrivato un richiamo per i giovani, segnati da carriere discontinue. “Per avere un sistema previdenziale solido, occorre offrire ai giovani opportunità di lavoro regolare, riducendone i tempi di transizione sia dal sistema di istruzione e formazione al lavoro, che da una occupazione all’altra, con adeguate misure di politiche attive del lavoro”, ha detto Gabriele Fava.