E meno male che a dicembre dello scorso anno la ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella, dichiarasse che “la fine di una lunga stagione di indifferenza nei confronti della famiglia e della natalità e la promozione di un ambiente normativo e culturale favorevole e accogliente nei confronti dei genitori sono state fin dal primo giorno una nostra priorità”. Peccato che report e statistiche ci dicono tutto il contrario, ovvero che il governo nulla sta facendo per contrastare l’inverno demografico e per andare incontro a tutte quelle coppie che vorrebbero metter su famiglia.
Dall’ultima indagine di Altroconsumo emerge che gli asili nido in Italia sono pochi e le rette salatissime
Dall’ultima indagine di Altroconsumo emerge che gli asili nido in Italia sono pochi e le rette salatissime e, se non si ha la fortuna di avere dei nonni ai quali affidarsi, le coppie oggi rinunciano ad avere figli o in alternativa le mamme devono scegliere tra lavoro e maternità. L’indagine ha coinvolto gli asili nido comunali, 285 privati in otto città (Milano, Roma, Torino, Firenze, Bologna, Genova, Napoli e Palermo) e mille intervistati della community di ACmakers. Rispetto all’inchiesta sulle tariffe dei nido privati di due anni fa, si legge nella nota, per le città considerate le tariffe orarie sono aumentate in media dell’8,8%. A Roma, Milano e Genova l’aumento è stato più elevato, sopra l’11%. Torino e Bologna stabili. Negli asili comunali è difficile trovare un posto, e le rette sono molto salate, considerando il rapporto con i redditi medi. La retta media mensile per una famiglia con un Isee di 30mila euro si aggira sui 500 euro a Milano e Torino, poco meno a Firenze. Nei nidi privati gli orari sono maggiormente flessibili, ma la retta media sale: 640 euro, tranne a Milano che raggiunge gli 800 euro mensili.
Chi può si affida all’aiuto dei nonni. Il 63% delle mamme lascia il lavoro
Il nostro Paese non garantisce un numero di posti nei servizi per l’infanzia adeguato allo standard europeo, fissato dal Consiglio europeo di Barcellona del 2002 (un posto per almeno il 33% dei bambini entro il 2010). Nel frattempo, l’Europa si è, però, data nuovi obiettivi: il 45% di bambini frequentanti servizi educativi di qualità entro il 2030. L’Italia, con una copertura del 28%, è in netto ritardo se si considera la media Ue del 37,9%, nello specifico, tra i Paesi più virtuosi troviamo l’Olanda con una copertura del 74%, la Danimarca con il 69,1%, Francia e Spagna con una copertura di oltre il 50%. Inoltre, nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) l’Italia si è impegnata a realizzare 150 mila nuovi posti nei nidi, centomila in meno rispetto ai 250 mila che erano stati ipotizzati anche per ridurre il divario territoriale aumentando i posti al Sud. L’obiettivo di portare la copertura dei nido al 33% non può bastare. È necessario garantire a tutti i bambini l’accesso ai servizi per l’infanzia ad un costo sostenibile.
Altroconsumo si è rivolto alla community di ACmakers coinvolgendo mille intervistati, dai quali è emersa la necessità di ripensare i sistemi di welfare per le famiglie tenendo conto delle reali esigenze dei genitori italiani. Che richiedono di investire per aumentare le strutture e i posti disponibili, norme che diano maggiore flessibilità lavorativa (congedi, permessi…) e un contributo diretto da parte dello Stato nel pagamento della retta, almeno in parte, per tutti. Oltre che la possibilità di essere supportati anche nel periodo estivo quando gli asili, vedi il mese di agosto, chiudono. Dunque, la carenza di servizi per l’infanzia, e i costi spesso insostenibili per le famiglie, sono tra i principali nodi da sciogliere per arrestare il calo demografico della popolazione italiana ed evitare che, soprattutto le donne, siano costrette a scegliere tra lavoro e maternità: oggi il 63% delle neomamme è costretto a compiere questa scelta.
La propaganda del Governo Meloni al capolinea. Pure i prezzi proibitivi delle abitazioni scoraggiano le giovani coppie
Che mettere su famiglia sia sempre di più una mission impossible ce lo dice anche la difficoltà a comprare casa. Nella prima metà dello scorso anno si è registrato un calo delle compravendite immobiliari e ancora più consistente è stata la contrazione dei mutui. Secondo i dati dell’Istat su fonte notarile nel secondo trimestre 2023 sono 235.725 le convenzioni notarili di compravendita e le altre convenzioni relative ad atti traslativi a titolo oneroso per unità immobiliari. La variazione percentuale calcolata sul dato destagionalizzato è di -4,1% rispetto al trimestre precedente, mentre la variazione su base annua calcolata sul dato non destagionalizzato è di -16,0%. Le convenzioni notarili per mutui, finanziamenti e altre obbligazioni con costituzione di ipoteca immobiliare sono 78.512. La variazione percentuale calcolata sul dato destagionalizzato è di -7,3% rispetto al trimestre precedente, mentre la variazione su base annua calcolata sul dato non destagionalizzato è di -35,3%.