Qualche problema c’è. D’altronde lo aveva in parte ammesso lo stesso governo nella sua relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr e ora a certificarlo è anche la Corte dei Conti. Certo, la situazione non è drammatica e si può parlare di un “sostanziale raggiungimento degli obiettivi procedurali”, ma sul fronte della spesa attesa e di quella sostenuta le difficoltà non mancano.
In particolare, la magistratura contabile – nell’analisi relativa al 2023 della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato – evidenzia che si rileva uno “scostamento rilevato tra spesa attesa e spesa sostenuta”. Uno scostamento, prosegue la Corte dei Conti, “che, seppur attenuatosi, è destinato a determinare uno slittamento di quella effettiva negli ultimi anni di adozione del Piano”.
Il richiamo della Corte dei Conti sul Pnrr
La Corte dei Conti sottolinea che lo “iato tra adempimenti procedurali e spesa effettiva” resta significativo “e ciò non può non destare attenzione”, anche nel caso in cui si pensi di considerare il piano come un programma per obiettivi e non di spesa, per quanto si tratti peraltro di un approccio “non del tutto corretto”.
I magistrati contabili, comunque, sottolineano che gli interventi previsti dal Pnrr hanno generalmente rispettato gli obiettivi procedurali stabiliti, tra cui l’adozione di provvedimenti amministrativi, pubblicazione di avvisi, stipula di convenzioni, emanazione di decreti direttori e trasferimenti di fondi a titolo di anticipazione.
Ancora, la Corte ricorda come il governo abbia applicato importanti modifiche alla struttura iniziale del Piano per superare “le difficoltà legate alla realizzazione di alcune delle riforme o investimenti nella loro configurazione originaria”. Il che porterà “una revisione anche e soprattutto delle disponibilità e coperture finanziarie legate ai progetti in essere”. Aspetto su cui la Corte “si riserva la valutazione”.
Ci sono, però, anche altri aspetti sottolineati dai magistrati nell’analisi che evidenziano alcune criticità. Per esempio ci sono i dubbi sulla coesione territoriale, tanto che è stato rilevato “come continuino a sussistere divari fra i territori a livello di macro-aree e divari fra le regioni del Mezzogiorno dove, nonostante la quota del 40% sembri assicurata, le singole regioni continuano a marciare a velocità diverse”. Tra passaggi burocratici e complessità della documentazione gli enti locali meno efficienti rischiano di essere più scoraggiati nel presentare domanda, come confermato anche dall’Ufficio parlamentare di bilancio. E così il rischio è che siano “esclusi dai fondi proprio quei territori che ne avrebbero più bisogno”.