Una data storica. Dopo quarant’anni di tentativi falliti, il taglio dei parlamentari è legge. Con un vero e proprio plebiscito: 553 deputati su 630 hanno dato il via libera definitivo alla mannaia che riduce da 630 a 400 i seggi a Montecitorio e da 315 a 200 quelli di Palazzo Madama. Una mannaia che farà risparmiare alle casse dello Stato 410 milioni di euro a legislatura. “Un fatto storico”, esulta il leader M5S, Luigi Di Maio. “Siamo stati e saremo sempre leali – assicura -. Abbiamo stabilito un percorso per mettere a posto i regolamenti della Camera e del Senato, le leggi elettorali, per fare in modo che si attivino tutti i pesi e contrappesi che servono a questa riforma. Si apre un problema di rappresentanza? Ne discuteremo da domani”.
Gli fa esco il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro, primo firmatario del testo: “È il giorno che aspettiamo da sempre. Con il sì trasversale delle forze politiche il M5s fa la storia di questo Paese”. Dopo il via libera alla riforma che ha raccolto una maggioranza bulgara. Ai voti della maggioranza M5S-Pd-LeU-Italia Viva, si sono sommati quelli di Fdi, Forza Italia e Lega. Certo, non è mancato qualche defezione tra le file della coalizione giallorossa. In tutto cinque deputati grillini, perplessi sulla riforma, non hanno votato. Come Andrea Colletti. Altri cinque erano in missione. E non è mancato neppure chi, come il renziano Roberto Giachetti, pur votando a favore ha già annunciato il suo impegno per la raccolta firme in favore del referendum per bloccare la riforma. Insomma, casi singoli e sporadici senza contraccolpi sulla maggioranza. Che, considerate le defezioni, anche se le opposizioni non avessero sostenuto il tagliapoltrona, avrebbe comunque avuto i numeri (326 deputati) per approvare autonomamente il provvedimento.
Anche il premier Giuseppe Conte si è unito alla festa: “Una riforma che incide sui costi della politica e rende più efficiente il funzionamento delle Camere – ha scritto su Twitter -. Un passo concreto per riformare le nostre Istituzioni. Per l’Italia è una giornata storica”. Poi è stato il turno del segretario dem, Nicola Zingaretti, chiarire le ragioni del via libera del Partito democratico ad un testo già bocciato nelle prime tre votazioni. “La riduzione dei parlamentari è una riforma che il Centrosinistra e il Pd portano avanti, in forme diverse, da 20 anni – ha spiegato -. abbiamo deciso di votarlo tenendo fede al primo impegno del programma di governo e anche perché abbiamo ottenuto, così come da noi richiesto, che si inserisca dentro un quadro di garanzie istituzionali e costituzionali che prima non c’erano”. Oltre alla riforma della legge tempo”, avverte.
“Entro il 31 dicembre incardineremo una nuova legge elettorale, questo è un primo passaggio, che darà anche la rappresentatività adeguata ai territori che in questo momento sentono meno la rappresentanza”, ha aggiunto. Ma non è tutto. In calendario anche la modifica dei regolamenti parlamentari e, entro ottobre, avviare altre tre riforme costituzionali: equiparare l’elettorato attivo e passivo (l’età degli elettori e degli eletti) del Senato a quello della Camera; riduzione dei delegati delle Regioni per la partecipazione al voto sul Presidente della Repubblica; modificare la base elettorale del Senato da regionale a pluriregionali”.