Con il passaggio di consegne da Jens Stoltenberg a Mark Rutte, cambia la leadership, ma non la linea bellicista della Nato. In altre parole, la rivoluzione auspicata da molti non c’è stata. Anzi, sembra che tutto sia rimasto invariato, considerando che il segretario uscente del Patto Atlantico, nel consegnare il testimone a Rutte, ha ribadito i propri successi, dichiarandosi certo che il suo successore, l’ex premier olandese, continuerà a seguire la rotta da lui tracciata.
“C’è un grande successore in arrivo, ma è difficile lasciare un’Alleanza e un’organizzazione in cui ho servito per 10 anni (…) me ne vado sapendo che insieme abbiamo ottenuto molto”, ha esordito Stoltenberg, ricordando che “nel corso di questo decennio abbiamo attuato il più grande rafforzamento della Nato, con una maggiore prontezza e più truppe nella parte orientale dell’Alleanza”.
Ha inoltre sottolineato che, sotto la sua guida, “siamo passati da tre alleati che spendono il 2% del PIL nella difesa a 23. E abbiamo aggiunto quattro nuovi membri: Macedonia del Nord, Montenegro, Finlandia e Svezia”. Concludendo il suo discorso di commiato, Stoltenberg ha menzionato “l’evoluzione del sostegno all’Ucraina: dal supporto marginale del 2014 a un massiccio sostegno odierno”, che Rutte si è impegnato a mantenere. Proprio il neo-segretario ha confermato che “l’Ucraina resta una priorità per l’alleanza.
Rutte prende le redini della Nato in continuità con Stoltenberg: “Dobbiamo superare il 2% del Pil in armi e continuare a supportare l’Ucraina”
Ma anche la difesa e la deterrenza: dobbiamo spendere di più”, sostenendo che “l’invasione dell’Ucraina è stata una sveglia per molti, compreso il mio Paese, ma avremmo dovuto raggiungere il 2% del PIL in spese militari molto prima di questo conflitto”. Se non fosse già abbastanza chiaro, l’ex premier dei Paesi Bassi ha rincarato la dose, spiegando che “sostenere l’Ucraina è la cosa giusta da fare ed è anche un investimento nella nostra sicurezza, perché il costo del supporto all’Ucraina è di gran lunga inferiore al costo che dovremmo affrontare se permettessimo a Putin di farsi strada”.
Un sostegno che, assicura, verrà garantito dagli Stati Uniti anche nel caso in cui Donald Trump venga eletto, poiché Rutte si dice “non preoccupato” dai proclami del tycoon di ritirarsi dal conflitto. Infine, ha concluso affermando che, sotto la sua guida, “continuerà l’avvicinamento dell’Ucraina alla Nato”. Come più volte sottolineato da Stoltenberg, “sostenere il diritto di Kiev all’autodifesa significa permetterle di colpire obiettivi legittimi su territorio russo. Ma spetta ai singoli Stati alleati determinare il livello e il grado di sostegno all’Ucraina”.
La risposta di Putin ai proclami di Rutte
Parole che hanno fatto esultare la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, secondo cui “la leadership di Rutte sarà cruciale per il ruolo dell’Alleanza nella nostra sicurezza euroatlantica” e che “rafforzerà ancora di più la collaborazione tra Ue e Nato”. Soddisfatto anche Volodymyr Zelensky, che si è congratulato con Rutte dichiarando di “non vedere l’ora di lavorare insieme in modo produttivo per rafforzare la sicurezza euro-atlantica e la nostra partnership con l’Alleanza”. Freddo, invece, il commento di Mosca: il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha chiarito che “la nostra aspettativa è che l’Alleanza del Nord Atlantico continui a operare nella stessa direzione in cui ha lavorato fino a oggi”.
In contemporanea al discorso con cui Rutte spronava gli alleati a fare di più per Kiev, Vladimir Putin è tornato a ribadire la volontà di portare a termine l’operazione militare speciale, annunciando un aumento del 30% delle spese militari per il 2025, per un totale di 13.500 miliardi di rubli, pari a 135 miliardi di euro. Dichiarazioni che confermano come la guerra, in cui la Russia continua ad avanzare con la conquista di altri due villaggi nel Donbass e la “distruzione di una colonna di mezzi al confine con la regione di Kursk”, sia ancora ben lontana dalla sua conclusione.