Più carri armati e meno automobili: la Germania rivoluziona la sua economia

Mentre Volkswagen arranca tra dazi e transizione elettrica, Rheinmetall cresce sulle ceneri della pace, spinta dai venti di guerra.

Più carri armati e meno automobili: la Germania rivoluziona la sua economia

L’industria tedesca cambia pelle. La Germania, per decenni sinonimo di Volkswagen, Porsche e Mercedes, adesso ha un nuovo gigante: Rheinmetall. Il colosso delle armi ha superato Volkswagen per capitalizzazione di mercato, un evento che suggella il passaggio da un’economia fondata sulla mobilità a una dominata dall’industria della difesa. Con una capitalizzazione di 55,7 miliardi di euro contro i 54,4 di Volkswagen, l’azienda guidata da Armin Papperger è il simbolo della nuova Germania, quella della corsa al riarmo.

Le ragioni del sorpasso ovviamente sono tutte scritte nei venti di guerra che soffiano sull’Europa. Il massiccio aumento della spesa militare deciso da Berlino, la necessità di sostenere l’Ucraina contro l’invasione russa e il timore che Donald Trump, nuovamente alla Casa Bianca, possa tagliare i fondi alla NATO hanno trasformato Rheinmetall in un pilastro della sicurezza europea. D’altro canto, Volkswagen arranca tra la concorrenza cinese, le difficoltà della transizione all’elettrico e i dazi imposti dagli Stati Uniti. L’industria automobilistica, un tempo orgoglio e motore della crescita economica tedesca, sembra oggi il passato.

Dall’auto al carro armato: la nuova vocazione industriale della Germania

Non è solo una questione di numeri, ma di politica. Il cancelliere Friedrich Merz ha già annunciato l’intenzione di escludere le spese militari dal vincolo del pareggio di bilancio, segnando una svolta epocale nella politica economica della Germania. Il mantra dell’austerità è sacrificato sull’altare della sicurezza. “Di fronte alle minacce alla nostra libertà e pace, il principio del ‘whatever it takes’ deve valere anche per la difesa”, ha dichiarato Merz. Un cambio di paradigma che premia i produttori di armi e rilancia un’industria che, negli ultimi decenni, era stata relegata ai margini della politica industriale tedesca.

Papperger, dal canto suo, non si accontenta di fornire carri armati e munizioni. Ha già messo gli occhi su uno stabilimento Volkswagen a Osnabrück, destinato alla chiusura, che potrebbe diventare un nuovo impianto per la produzione di tank. “Prima di costruire una nuova fabbrica, valuteremo questa opzione”, ha affermato. Un’immagine plastica della trasformazione della Germania, da terra di berline a terra di panzer. E non sarebbe neppure la prima volta: Volkswagen stessa produsse mezzi blindati per il regime nazista durante la Seconda guerra mondiale.

Il mercato ha già decretato il vincitore di questa fase storica. Mentre le azioni di Rheinmetall triplicano, i titoli dei colossi americani della difesa soffrono l’incertezza sulle politiche di Trump. Il futuro della Germania, almeno per ora, sembra segnato: il boom economico non arriva più dai motori, ma dai cannoni.

Ma quanto è sostenibile questa nuova corsa al riarmo? Se la Germania ha deciso di spostare il baricentro della sua economia sui carri armati, dovrà fare i conti con un’opinione pubblica che, almeno fino a pochi anni fa, rigettava qualsiasi coinvolgimento militare. Inoltre, la dipendenza da un’economia di guerra espone il paese a un pericoloso paradosso: senza minacce, senza conflitti, senza una tensione internazionale costante, il boom di Rheinmetall potrebbe svanire. Berlino sta dunque legando la propria crescita economica a un mondo in costante stato di emergenza.

E Volkswagen? Il gigante dell’auto, dopo aver alimentato per decenni il miracolo economico tedesco, si trova ora in una posizione difficile. Il mercato cinese, fondamentale per il gruppo, sta diventando sempre più competitivo e ostile per i marchi europei. La transizione all’elettrico, tanto celebrata a livello politico, sta rivelando costi e difficoltà che molti avevano sottovalutato. La produzione di veicoli pesanti e logistici per le forze armate, già avviata da MAN (controllata Volkswagen), potrebbe essere un’ancora di salvezza, ma non basta.

L’industria della guerra può davvero trainare l’economia?

Il sorpasso di Rheinmetall su Volkswagen è più di un segnale finanziario: è un cambio di paradigma, una mutazione dell’identità economica della Germania. Il paese che costruiva auto per il mondo intero oggi costruisce armi per l’Europa. Ma la storia insegna che un’economia fondata sulla guerra può essere redditizia nel breve periodo, ma alla lunga chiede sempre il conto.