Sembrava tutto finito quando mercoledì i finanzieri sono usciti dal Pirellone con un’ingente quantità di documenti acquisiti dalla Regione Lombardia nell’ambito dell’inchiesta sui decessi nelle case di riposo. Invece ieri le fiamme gialle sono tornate a bussare agli uffici della Regione per ulteriori acquisizioni, segno che gli accertamenti sono ben lontani dall’essere finiti. Ore frenetiche in cui le cose per il Pirellone sono precipitate sempre più tanto che, quasi in contemporanea, si è aperto un ulteriore fronte da parte della Procura di Brescia che ha aperto nove fascicoli d’indagine, per ora a carico di ignoti, in cui si ipotizza l’epidemia colposa e l’omicidio colposo. Sei di questi hanno preso spunto dagli esposti del Codacons, uno di questi riguarda una Rsa, mentre i restanti derivano da esposti di persone che hanno perso il loro cari nelle strutture del bresciano.
A dare l’avvio di queste iscrizioni è stato il procuratore aggiunto Carlo Nocerino, in videoconferenza con i magistrati del suo pool, decisi a far luce sui troppi focolai della zona tra cui spicca il caso dei 22 disabili, con patologie psichiche, morti nella struttura di Pontevico in cui, al momento, ne sono ospitati altri 298. Secondo quanto si apprende, a spingere la Procura di Brescia ad indagare è stato il fatto che in alcune strutture è venuta a mancare fino a oltre la metà degli ospiti. Cosa ben più grave, per la maggior parte dei decessi non c’è stata neanche una diagnosi certa in quanto i tamponi, fino ai giorni scorsi e come da disposizione della Regione, venivano effettuati solo sui sintomatici.
Inoltre i magistrati intendono verificare se siano state rispettate le prescrizioni del governo in fatto di distanziamento sociale e se sia stata messa in pratica una divisione tra malati e non al fine di evitare l’esplosione dei contagi che, invece, è avvenuta in modo incontrollato come dimostrato dalla cronache di queste settimane. Una strage che, come nel caso del Pio Alberto Trivulzio di Milano, sarebbe stata favorita da una serie di decisioni tardive a partire dallo stop alle visite dei familiari, scattato solo il 4 marzo scorso, come dalla scelta di accogliere i positivi con sintomi lievi dimessi dagli ospedali.
LE ACQUISIZIONI. Insomma una serie di errori simili a quelli riscontrati dai pm di Milano per i quali ieri sono state acquisite tre delibere approvate dall’amministrazione regionale e dall’assessorato al Welfare, Giulio Gallera (nella foto). Si tratta di quella dell’8 marzo con cui la Regione ha previsto la possibilità di trasferire malati Covid-19 a bassa intensità nelle case di riposo, se queste risultassero in grado di garantire strutture autonome e isolamento del paziente. Quella del 30 marzo che ha garantito una retta da 100 euro alle case di cura che hanno accettato pazienti covid, col terribile sospetto che alcuni enti potrebbero aver celato l’assenza dei requisiti pur di incassare i finanziamenti. In ultimo la delibera XI/3018, con cui la giunta ha disposto il divieto di accesso nelle residenze per anziani ai familiari e dato indicazione di non trasferire nei pronto soccorso gli ultra 75enni ma di curarli direttamente nelle case di cura.