Da tempo il nome di Piero Amara è al centro delle cronache giudiziarie. Prima nel ruolo di indagato in diversi procedimenti, tra cui quello sul sistema Trani e quello sul falso depistaggio Eni, poi trasformandosi nel grande accusatore che ha rivelato l’esistenza della presunta loggia Ungheria che sta tenendo in scacco mezza magistratura italiana, il 52enne avvocato siciliano si è imposto come uno dei personaggi chiave di alcune tra le più oscure vicende della recente storia d’Italia. Nato ad Augusta, in provincia di Siracusa, inizia la sua carriera da avvocato proprio nella sua provincia con una carriera lampo e in continua ascesa che lo porta a imporsi come consulente esterno dell’Eni.
Proprio dalla Sicilia Amara inizia a tessere quella che gli inquirenti definiscono “una rete di potere”, fatta di relazioni all’interno della magistratura italiana e nei salotti buoni della politica, denominata “Sistema Siracusa” con cui condiziona indagini e procedimenti giudiziari. “Successi” che spingono l’avvocato a trasferirsi a Roma dove continuando a tessere la propria rete di contatti si insinua sia nel Consiglio di Stato che nel Consiglio superiore della magistratura.
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Peccato che a poco a poco su di lui si accendono i fari di diverse procure, fino all’arresto del febbraio 2018 che, paradossalmente, finisce per mostrare una volta per tutte il potere raggiunto da Amara. L’informativa di reato che lo riguarda, infatti, la riceve addirittura prima dei magistrati titolari del fascicolo. A riprova di ciò c’è il messaggio, inviato al suo ex socio Giuseppe Calafiore, in cui scrive: “Compare, game over”. Così quando la magistratura gli contesta il suo primo episodio di corruzione, l’avvocato spariglia le carte e ne confessa molti altri. Diventato di colpo collaboratore, patteggia una condanna a 4 anni e 4 mesi e dà il via a un domino di inchieste che inguaiano proprio quei magistrati che lui stesso, in passato, aveva avvicinato e corrotto.
LOGGIA E SEGRETI. Proprio in uno dei suoi innumerevoli verbali, il legale racconta l’esistenza della presunta loggia capace di condizionare la magistratura e altri settori dello Stato. È il 2019 quando ai pm di Milano accenna a una lista di “40 nomi” appartenenti all’organizzazione segreta. Rivelazioni che il pm milanese Paolo Storari intende verificare, sollecitando al procuratore capo di Milano Francesco Greco l’apertura di un fascicolo che, però, sarebbe arrivata con mesi di ritardo tanto da convincerlo, per “autotutelarsi”, a girare i verbali all’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo.
Pagine su pagine che poi finiscono nelle mani dei quotidiani e dalle quali prendono il via diverse indagini tra cui quella – tutt’ora in corso – della Procura di Perugia, guidata dal procuratore Raffaele Cantone, in cui si ipotizza l’esistenza di un’associazione segreta. Un terremoto per il quale il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, ha dato il via anche a una serie di accertamenti per valutare eventuali responsabilità dei pm citati da Amara.