Sulla carta è un bene. Ma visti gli sviluppi dell’inchiesta che ha preso di mira parte del “giglio magico”, al di là degli indagati Vip, forse bisogna chiedersi se sia davvero così auspicabile che tante “piccole” Consip crescano. Si tratta dei cosiddetti soggetti aggregatori, in pratica le stazioni appaltanti uniche che l’allora Governo di Matteo Renzi decise di ridurre drasticamente. In base alla versione più aggiornata della delibera dell’Anticorruzione, l’Authority guidata da Raffaele Cantone, oggi risultano iscritte nell’elenco 32 stazioni appaltanti. Queste, in teoria, dovrebbero gestire commesse in modo centralizzato, proprio in stile Consip, garantendo risparmi ed evitando la polverizzazione degli appalti. Ma chi rientra in questa lista tenuta da Cantone? Naturalmente c’è la Consip, oggi guidata dal renzianissimo Luigi Marroni, il grande “accusatore” dell’inchiesta.
Gli altri – Poi c’è tutta una serie di Spa regionali, che già oggi si trovano a gestire corpose commesse: Soresa Spa (Campania), Arca Spa (Lombardia), Scr Spa (Piemonte), InnovaPuglia Spa (Puglia), Inva Spa (Valle d’Aosta). Nel gruppo c’è anche una maxiagenzia regionale come Intercent, pure questa già attiva da diversi anni. Dopodiché il resto delle Regioni integra l’elenco con Centrali di committenza ad hoc. Non finisce qui, però. Per arrivare a 32 stazioni appaltanti bisogna aggiungere le “Città metropolitane”, eredi delle Province. In tal senso vengono inquadrate come stazioni appaltanti le Città metropolitane di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Roma Capitale e Torino. A chiudere spuntano le Agenzie ad hoc delle province autonome di Trento e Bolzano e la provincia di Vicenza. Semplificare tante stazioni appaltanti per arrivare a 32, almeno per il momento, è senza dubbio un’operazione virtuosa, se messa in relazione all’obiettivo di risparmiare denari pubblici ed evitare pericolose farraginosità nella gestione delle procedure. Ma è anche una mossa rischiosa, se alla fine va a concentrare in pochissimi soggetti un potere enorme nella gestione di maxiappalti che possono arrivare a valere centinaia di milioni di euro. E da questo punto di vista la Consip non sempre ha fornito garanzie granitiche, spesso assegnando appalti ai solti noti (vedi in proposito La Notizia del 2 marzo scorso). Insomma, l’obiettivo adesso sarà quello di evitare che queste stazioni appaltanti agiscano al di fuori di opportuni pesi e contrappesi. Anche Cantone, del resto, ha fatto capire, sulla scorta di recenti vicende, che il risparmio economico non può essere perseguito sacrificando la trasparenza nelle procedure e la garanzia di una certa pluralità di vincitori.
Gli sviluppi – Cosa che in Consip, al di là dell’inchiesta, non sempre è avvenuta. Anche all’interno della Centrale acquisti del Tesoro ne sono consapevoli. Se da una parte, infatti, fanno trapelare che spesso vincono gli stessi soggetti perché sono gli unici in grado di garantire certi servizi, dall’altra ammettono che si potrebbero tranquillamente studiare meccanismi per evitare che la torta Consip sia appannaggio dei soliti noti. Esattamente quello che adesso dovrà essere garantito alle altre “piccole” Consip spuntate all’interno del registro Cantone.
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