Doveva essere il giorno dell’Opa su Roma. Quello in cui le truppe del Capitano, al suon di “Raggi dimettiti”, avrebbero dato l’assedio al Campidoglio e, invece, sembra sia stato il più classico degli autogol. Eppure, dopo settimane di tam tam sui social e dichiarazioni di fuoco in tv per annunciare l’evento, pochi si sarebbero aspettati un simile fiasco di presenze. Basterebbe questo per creare non poco imbarazzo all’esercito romano – a quanto pare sgangherato – fedele alla Lega se non fosse che, a rendere tutto ancor più ironico, c’è stata l’accoglienza, davvero sui generis, dei grillini. Eh già perché mentre i pochi sostenitori si guardavano tra loro con le facce un po’ spaesate, dalle scalinate del Campidoglio uscivano un gruppo di consiglieri comunali pentastellati, con in prima fila il capogruppo Giuliano Pacetti, con un vassoio pieno zeppo di bicchieri di mojito.
Alla sola vista del cocktail preferito da Matteo Salvini, i circa cinquanta manifestanti anti-Raggi hanno iniziato a rumoreggiare, segno che lo scherzetto dei consiglieri li ha colpiti nel segno, dando il via a una serie di cori da stadio. Pochi istanti e sotto la sede del Comune di Roma, sembrava di assistere ad un derby con i sostenitori del Capitano che, nel tentativo di riprendersi la scena e superare gli imbarazzi, gridavano: “andate a lavorare“, “chi non salta 5 stelle è” e “oh Giggino (Luigi Di Maio, ndr) portaci da bere”. Peccato che per loro le sorprese non erano affatto finite. Infatti la delegazione di Palazzo Senatorio, rimasta immobile per qualche minuto, rigorosamente in posa e a favore dei fotografi, inziava a esibire una serie di cartelli ironici.
Sfottò e slogan tra cui: “Questo (il Campidoglio, ndr) non è il Papeete”, “Non era un mojito ma un moscow mule” e, ancora “Dal mojito al white russian basta un sorso”. Riferimenti, tutt’altro che velati, alle note vicende giudiziarie legate ai presunti legami tra la Lega e la Russia. Si tratta della più che nota indagine dei pm di Milano sulla trattativa al Metropol di Mosca in cui tre italiani, tra cui il fedelissimo del Capitano Gianluca Savoini, e tre funzionari vicini a Vladimir Putin, avevano trovato un accordo, a quanto pare successivamente naufragato, per far arrivare 65 milioni di dollari nelle casse della Lega.
Ironie a parte, quanto accaduto ai piedi di Palazzo Senatorio deve far riflettere su quella che sembra un’emorragia di consensi di Salvini. Già perché da quando ha deciso, mojito in mano, di staccare la spina al governo gialloverde, il Capitano sembra non azzeccare più nessuna mossa. Anzi sembra proprio che il re Mida dei social, fino a non molto tempo fa capace di trasformare qualsiasi polemica politica in propaganda elettorale di successo, abbia perso il tocco magico. Insomma per lui si prospettano tempi duri che, uniti all’impossibilità di essere sovraesposto mediaticamente perché lontano dal governo, non potranno essere risolti con battute che nessuno sembra bersi.