Di Sergio Patti
L’Italia non è sola. Un anno dopo l’uscita dalla recessione, tutta l’Eurozona si e’ fermata. Nel secondo trimestre dell’anno la crescita su base trimestrale per i 18 Paesi dell’euro è zero, dopo il +0,2% del primo trimestre. Un dato inferiore alle attese dei mercati (che erano di un +0,1%) e della Bce che prevedeva una crescita trimestrale dello 0,3%. Così ieri l’Eurotwer guidata da Draghi ha precipitosamente riveduto al ribasso la previsione per quest’anno – dall’1,1% all’1% – anche se ormai pure questa performance è in forse. Se Olanda, Portogallo e soprattutto Spagna e Grecia hanno ripreso a crescere, le locomotive del continente, Germania, Francia e Italia, sono bloccate. Berlino, che copre oltre un quarto dell’economia dell’Eurozona, ieri infatti ha svelato un Pil in calo dello 0,2% nel II trimestre (-0,1% le attese, +0,7% nel primo trimestre) mentre l’economia francese continua la stagnazione (per il secondo trimestre consecutivo e contro +0,1% nelle attese). L’Italia, come comunicato già qualche giorno fa, è ripiombata invece in recessione (-0,2% nel secondo trimestre dopo -0,1% nel primo).
Mal comune…
Renzi, ieri e oggi impegnato in un tour al sud e nelle aree produttive del Paese, ha potuto così dire che non si cresce tagliando i salari e la crisi è comunque di tutta Europa. Negli ultimi dodici mesi la crescita dell’Eurozona è stata infatti dello 0,7% contro il 3,1% della Gran Bretagna e il 2,4% degli Usa. Mentre qui però si nega una prossima manovra e si continua a far finta di niente, gli altri Paesi hanno cominciato a correre ai ripari. Senza perdere tempo già ieri il ministro delle Finanze francese, Michel Sapin, dalle colonne di Le Monde, ha preso atto di “una crescita in panne” e ha dimezzato la stima di crescita francese per quest’anno, dall’1% allo 0,5%, con un rapporto tra deficit e Pil che sara’ superiore al 4% contro il 3,8% previsto. La Francia se ne frega dunque dei parametri Ue e mette al primo posto la tenuta della sua economia. Evidentemente Parigi non ha la stessa paura della Merkel che abbiamo a Roma. Sapin – senza andare a baciare la pantofola a casa di Draghi, come ha fatto Renzi – ha chiesto perciò all’Europa di “aggiustare il ritmo di riduzione dei disavanzi” e alla Bce di “esaurire tutte le possibilità a sua disposizione”. La Germania però non molla e la Bundesbank continua a parlare di una pausa temporanea nella crescita. Si nega l’evidenza, in sostanza, per non far nulla e intanto prendere tempo prezioso, far diventare più deboli i Paesi in difficoltà e poi elemosinare qualche aiuto piuttosto che partecipare in modo solidale a un programma di crescita. Una politica miope (l’Europa mediterranea è un mercato che la Germania sta perdendo) e ingiusta, visto che nessuno ha beneficiato quanto Berlino della moneta unica.
Francoforte non sente
Il dibattito ora si sposta a Bruxelles ma soprattutto a Francoforte: le pressioni sull’Eurotower perchè si muova già a settembre cresceranno in modo esponenziale anche alla luce dei dati sull’inflazione di luglio che confermano il rischio di uno scivolone dell’area nella deflazione: il dato è sceso il mese scorso allo 0,4% su base annua (0,5% in giugno): un nuovo minimo degli ultimi cinque anni (ottobre 2009) che si confronta con l’1,6% del luglio 2013 e con il 2% circa fissato dalla Bce come garanzia per la stabilità dei prezzi nel medio termine. Draghi sono molti mesi che promette misure straordinarie per sostenere la crescita. Ma senza ricordare che le misure della Bce sono acqua fresca rispetto alle bombe utilizzate dalle banche centrali di Stati Uniti e Giappone (con una gigantesca immissione di liquidità), ad oggi non si è visto assolutamente nulla, esattamente come è stato ordinato dalla Germania. Quale sia dunque l’aiuto che Draghi sta dando all’Italia resta un mistero. O forse solo l’illusione lanciata all’opinione pubblica da una stampa interessata e amica.