Dopo il missile che ha colpito l’ospedale Al Ahli – anche se tutt’ora non è certo chi lo abbia colpito – e la devastazione di numerose moschee, un nuovo incidente rischia di incendiare il Medio Oriente. Questa volta l’aviazione israeliana ha colpito il campo profughi di Jabalia, nel nord della Striscia di Gaza, causando una spaventosa carneficina. Al momento il bilancio, rigorosamente provvisorio e destinato ad aumentare, fornito dai medici racconta di almeno 100 morti e 200 feriti.
In un primo momento il ministero degli Interni di Hamas aveva parlato addirittura di “quattrocento tra morti e feriti” a causa di “sei bombe da una tonnellata ciascuna sganciate” sul campo profughi di Jabalia e addirittura si susseguivano voci – non confermate – secondo cui l’intera area sarebbe stata completamente rasa al suolo. Bombardamento a seguito del quale Hamas ha lanciato un appello ai Paesi arabi e musulmani “a prendere una posizione storica e decisiva per fermare i massacri” commessi da Israele, e contro quello che descrive come un “genocidio” contro il popolo palestinese.
Secondo quanto dichiarato dai miliziani, evidentemente decisi a gettare benzina sul fuoco, “il massacro dell’occupazione terroristico sionista nel campo di Jabalia è tollerato da tutti i Paesi, governi e organizzazioni che sostengono questa entità terroristica sionista”. Appello a cui ha risposto Fatah, il partito del presidente palestinese Abu Mazen, che ha annunciato per oggi una “giornata di rabbia” da tenere in Cisgiordania per denunciare quello che definiscono “l’ennesimo crimine di guerra”.
A Gaza avanzata inarrestabile
In tutto questo, prosegue senza sosta l’avanzata dei soldati e dei carri armati di Israele all’interno di Gaza. E di pari passo con il progredire dell’invasione, aumentano gli scontri tra le forze israeliane (Idf) e i terroristi di Hamas tanto che si segnalano “violenti combattimenti” a seguito dei quali sarebbero stati uccisi una decina di miliziani e almeno due militari di Tel Aviv. Stando a quanto riporta il quotidiano israeliano Haaretz al momento l’esercito starebbe “cercando di isolare il nord dal sud della Striscia” così da rendere difficoltoso il coordinamento tra i diversi gruppi combattenti. Insomma a Gaza city è già iniziata una feroce guerriglia che sta tenendo severamente impegnate le truppe di Tel Aviv. Quel che è peggio è che nel frattempo continua a peggiorare la situazione ai confini di Israele e soprattutto in Cisgiordania dove ieri sera alcuni coloni israeliani hanno incendiato alcune case in un villaggio palestinese nella zona di Masafer Yatta. Provocazioni che rischiano di incendiare ancor di più una situazione già estremamente tesa visto che da giorni si susseguono violentissimi scontri e rivolte.
Il fronte caldo
E non va di certo meglio guardando al fronte con il Libano dove le azioni di Hezbollah si fanno di ora in ora più pesanti. Ieri decine di missili sono stati lanciati dai terroristi libanesi sciiti, alleati di Hamas e dell’Ira, contro almeno due postazioni delle forze israeliane. E queste non si sono di certo fatte da parte ma hanno risposto al fuoco, prima con colpi di artiglieria e dopo con una serie di attacchi aerei in Libano contro il movimento Hezbollah: “Aerei da combattimento hanno ultimamente attaccato le infrastrutture dell’organizzazione terroristica sul territorio libanese. Tra le infrastrutture attaccate sono stati distrutti armamenti, postazioni e siti utilizzati” dai paramilitari islamisti alleati dei terroristi palestinesi di Hamas. Proprio l’aumento degli scontri e quindi della tensione al confine israelo-libanese fa temere un’escalation con il coinvolgimento del Libano anche se il primo ministro di Beirut, Najib Mikati, ha provato a calmare le acque spiegando che il Paese sta facendo il possibile per evitare di essere coinvolto nel conflitto, ammettendo però di temere “che un’escalation” causata da Hezbollah “possa finire per coinvolgere l’intera regione”.
La minaccia dallo Yemen
Da non sottovalutare anche quanto sta accadendo in Yemen dove da giorni si susseguono lanci di razzi verso Israele. Anche qui la situazione è particolarmente calda visto che i ribelli Huthi dello Yemen, alleati storici dell’Iran, hanno fatto sapere che “continueranno a effettuare attacchi con missili e droni fino a quando l’aggressione israeliana non finirà”. Attacchi che i miliziani yemeniti minacciano di lanciare anche nei confronti delle basi americane. Peccato che queste parole non abbiano fatto piacere al segretario alla difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, che a muso duro ha replicato affermando che “se gli attacchi alle nostre truppe in Medio Oriente non si fermano risponderemo. Abbiamo le capacità per farlo e lo faremo”.
Dramma nel dramma a Gaza
Intanto nella Striscia di Gaza continuano a peggiorare le condizioni di vita dei civili palestinesi. A spiegare come stanno le cose è il portavoce dell’Unicef, James Elder, secondo cui “Gaza è diventata un cimitero per migliaia di bambini” e per questo ribadisce la necessità “di un immediato cessate il fuoco umanitario” così da far affluire “gli aiuti e di liberare i bambini rapiti”. E purtroppo le cose non sembrano destinate a migliorare visto che la direttrice esecutiva del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), Catherine Russell, ha spiegato al Consiglio di sicurezza dell’Onu che nella Striscia di Gaza l’acqua pulita è quasi del tutto esaurita e che bisogna agire subito per scongiurare una catastrofe umanitaria.
“C’è solo un impianto di desalinizzazione in funzione e solo al 5% della capacità, mentre tutti e sei gli impianti di trattamento delle acque reflue di Gaza sono ora non operativi a causa della mancanza di carburante o energia elettrica. La mancanza di acqua pulita e di servizi igienico-sanitari sicuri è sul punto di diventare una catastrofe”, ha spiegato la Russell. La stessa ha poi sottolineato come “a meno che l’accesso all’acqua pulita non venga ripristinato urgentemente, sempre più civili, compresi i bambini, si ammaleranno o moriranno di disidratazione o di malattie trasmesse dall’acqua”.