Pericolosi e pronti a scalare le gerarchie della ‘Ndrangheta. Questo l’identikit delle 29 persone arrestate tra le province di Reggio Calabria, Pavia, Udine, Terni e Catanzaro, che volevano prendere il potere a partire dalla locride.
A tutti loro il procuratore capo di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, contesta una lunga serie di reati. A seconda delle posizioni l’accusa è di associazione per delinquere di tipo mafioso finalizzata alla produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanza stupefacente. Contestata anche la detenzione di armi e munizioni, il danneggiamento, l’estorsione pluriaggravata, il traffico e lo spaccio di banconote false.
Pericolosi e pronti a scalare le gerarchie della ‘Ndrangheta
Per la procura gli indagati, componenti della cosca Cordì, erano del tutto privi di scrupoli e molto pericolosi. Decisi a prendere il controllo delle piazze di spaccio, si avvalevano della collaborazione di pusher minorenni e non si facevano problemi a vendere stupefacenti anche a giovanissimi ragazzi.
Dall’indagine è emerso anche che diversi cittadini si sarebbero rivolti agli arrestati per avere protezione oppure per riparare presunti torti subiti. In altre parole la cosca Cordì assicurava loro una sorta di “giustizia privata”, sostituendosi alle forze dell’ordine.
Le indagini è il proseguo dell’operazione ‘Riscatto’ che, nell’agosto 2019, aveva portato a diversi arresti per mafia. Un’inchiesta, quella odierna, che ha preso ulteriore slancio soprattutto grazie alle denunce da parte di numerosi imprenditori che avrebbero subito frequenti richieste estorsive.