di Monica Setta
C’è stato un tempo in cui Stefania Prestigiacomo era il centro del mondo per il sistema politico berlusconiano, aveva un sorriso luminoso, curve ben disegnate, il corpo agile, snello, le gambe tornite che ti potevi immaginare alternativamente correre su un campo da tennis o fra ali di folla gelatinosa in una manifestazione di Forza Italia.
A quell’epoca Stefania, classe 1966, siciliana di Siracusa, alle spalle una famiglia di rinomato blasone, poteva avere 23 anni o poco più, era presidente del gruppo giovani imprenditori e già si preparava nell’anno di grazia 1994 – discesa in campo del Cavaliere e vittoria contro la sinistra di Achille Occhetto – a diventare parlamentare di Forza Italia.
Era spavalda sì, portava borse grandi che sembravano realizzate da fantasie di gomitoli, vecchi golf distratti sviscerati nelle nuance preferite, capelli lunghi ansimanti sulle spalle, orecchini vistosi, bellissimi.
Non c’erano ancora all’orizzonte le Danielite Santanchė, le Mara Carfagna, le Mariastella Gelmini o l’esercito farraginoso delle donzelle adoranti: c’era solo lei, Stefi, e quand’anche ci fosse stata qualche altra femmina, le altre sarebbero state davanti alla sua beltà “les entitès négligeables”, ossia il quasi niente.
Di Berlusconi, in quella stagione felice e infantile, la Nostra era la luce degli occhi; lui si perdeva nella felicita di essere al centro dello sguardo di quella donna sicula così monocorde nella voce cantilenante – bene imitata piu avanti dall’ottima Paola Cortellesi – ma tanto efficace nella vis polemica.
Miss Parlamento (così venne ribattezzata al suo debutto a Montecitorio) mantenne a lungo quell’aura di imperatrice: impossibile per le altre competere con il suo grande corpo, le stoffe di seta, i braccialetti, le spille, le lusinghe dei giornali, l’amore dell’antico compagno di sempre (il notaio Angelo Bellucci che l’ha sposata e resa mamma). Hai voglia ad essere furiosamente e sordamente gelose della “prediletta” del Principe che aveva tutto anche perchè era brava, ti poteva capitare di sbatterci la testa contro la sontuosa alterigia di colei-che-poteva-tutto!
E invece la durezza e l’ostilità dei nemici, proprio mentre Stefania proseguiva incessante la sua corsa – diventando negli anni due volte ministro (alle Pari Opportunità e all’Ambiente) – cominciava a frantumare minuziosamente le sue conquiste stratificate giorno dopo giorno.
Quasi uno smottamento ritardato, un pezzo cedeva di qua e l’altro al lato esattamente opposto, tutto sembrava ancora tenere e invece un tarlo insidioso andava minando fin nella fragilità delle ossa l’impianto vittorioso della ragazza che era stata Bella fra le più belle.
Ci sono stati segnali apparentemente impercettibili: qualche mancata presenza nel salotto tv, un’intervista in meno al solito giornalone del Nord, un paio di foto venute male nella tradizionale vacanza alle Eolie a metà fra l’easy chic del gruppetto Luigi Abete – Diego Della Valle – Luca di Montezemolo e il country alternativo degli amici Giovanna Melandri e cugino Giovanni Minoli. Davanti alle telecamere il sorriso era identico, la postura monolitica, la serenità inossidabile. Dietro, raccontano gli intimi, potevano essere perfino urla e rabbie incontrollabili, interrogativi persi nel vento: perchè con “Lui” il tempo ė irrimediabilmente tiranno e dove prima c’erano gioie, armonia, arrivavano sempre litigi, dissonanze, vittorie fittizie, anzi profondissime delusioni?
È la famiglia, è il sistema berlusconiano – era la risposta – prodotti di una stessa materia che oggi può essere compatta e domani gridare e graffiare a sangue nell’asperità dell’abbandono.
Quel giorno temuto è arrivato adesso, con Stefi fuori dal primo lotto (ministri del governo Letta) e poi anche dal secondo (sottosegretari) e dal terzo (presidenti di commissione), quasi diretta verso quella terra di nessuno da cui nessun colpo di fortuna può farti riemergere.
Memore del suo fulgore, quasi persa in un mondo tutto suo, lady Prestigiacomo non ha mai voluto credere al rovescio della cieca sors e ha fatto bene.
Prima o poi, si diceva, qualcuno lassù dimostrerà di volermi ancora bene.
E così è stato. Ora è portavoce del Pdl, una piccola barca per affrontare l’oceano della politica, una culla per imprigionare il sonno del nuovo Potere che brama novità, giovinezza, magia “ naïf “. Eppure Stefi naviga. Muove a vista, ma procede ripetendosi “Menomale che Silvio per me c’è ancora un po’”. Magari non basta, però aiuta, quando la notte i ricordi sono fitte nella carne e mentirsi serve a credere che la festa – luci ormai spente, torta quasi finita – può ancora durare. In fondo, qualcuno dovrà pure mettere a posto i cristalli senza farli rompere dall’esuberanza delle ventenni, o no?