Il Governo non metterà i soldi per la nazionalizzazione di Alitalia. Ma intanto lo Stato metterà i soldi pubblici per una fase di transizione. Il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, ha confermato l’orientamento emerso sin dopo la bocciatura dell’accordo per il salvataggio, lasciando intendere che trascorsi i sei mesi servirà una soluzione di mercato. “Il nostro intervento servirà ad evitare il fallimento. L’azienda verrà venduta al miglior offerente come sta accadendo con l’Ilva. Ma se prima del referendum c’era la garanzia di una nuova ricapitalizzazione, ora il rilancio diventa molto più complicato”, ha spiegato Delrio in un’intervista a La Stampa. “Alitalia – ha rilevato il ministro – è indebolita dall’esito del referendum e i concorrenti non faranno regali”. E quindi ha ribadito: “Non si torna indietro, nemmeno nel peggiore degli scenari”. Lasciando presagire che il fallimento è un’opzione sul tavolo.
Del resto già il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, aveva messo in chiaro la situazione: “La cosa più plausibile, viste le dichiarazioni del Cda, è che si vada verso un breve periodo di amministrazione straordinaria che si potrà concludere nel giro di sei mesi o con una vendita parziale o totale degli asset di Alitalia oppure con la liquidazione”. Sul futuro il numero uno del Mise ha cercato poi di essere cauto: “Se ci saranno aziende interessate a rilevarla è tutto da vedere, è prematuro a dirsi”. E infine il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha lanciato l’allarme-occupazione: a rischio ci sono circa 20mila posti di lavoro. “Mi dispiace molto, avevamo fatto tutti un lavoro importante per rimettere in pista Alitalia. Avevamo chiesto che il peso non ricadesse solo sui lavoratori: nell’ultima versione del piano i due terzi dei costi da ridurre non avrebbero coinvolto il lavoro”, ha osservato l’altro esponente del Governo, che è stato parte attiva nella mediazione trovata con i sindacati. Ma respinta dai lavoratori.