Come previsto nei giorni precedenti, e nonostante gli appelli all’unità, il 25 aprile – la festa della Liberazione nazionale – è finita nel frullatore delle polemiche. A distanza duellano il M5S e la Lega con le scelte opposte di festeggiare, gli esponenti del Governo pentastellati, la giornata, prendendo parte alle celebrazioni, e quelli leghisti di tenersi alla larga dalle cerimonie ufficiali.
“Oggi non è il giorno delle polemiche, è una grande festa nazionale che tutti dobbiamo festeggiare”, dice il vicepremier e capo politico M5S, Luigi Di Maio, al termine della sua visita presso la Sinagoga di Roma. Ma punzecchiato su chi ha deciso di vivere la giornata snobbando le cerimonie dice: “Divide chi non vuole festeggiarlo. Noi non vogliamo essere divisivi, il 25 aprile deve essere una giornata di unione”.
Il vicepremier Matteo Salvini ha scelto la Sicilia, attesa a un nuovo test elettorale domenica prossima in 35 comuni. Ha scelto di recarsi a Corleone all’inaugurazione della sede del commissariato di Polizia. “Mi piacerebbe che il 25 aprile sia la giornata dell’unione e della pacificazione nel nome dell’Italia che verrà, poi ognuno si tiene proprie idee, distanze, e obiettivi: ho scelto Corleone per dire ai giovani che vince lo Stato”, dichiara il leader della Lega. Che avverte: “Giusto ricordare il passato, la lotta per i diritti e la democrazia: ma siamo nel 2019, dobbiamo liberare questa terra dalla mafia e da chi sfrutta l’immigrazione clandestina per fare i quattrini”.
Ma sulla scelta di Salvini piovono polemiche da tutte le parti. “Non c’è nessuna sfida festa della Liberazione e liberazione dalla mafia. Sono due cose che non possono essere messe sullo stesso piano”, scandisce il presidente della Camera, Roberto Fico. “Snobbare il 25 aprile non va bene”, attacca il sindaco di Milano, Giuseppe Sala. “Grave che un’alta autorità voglia contrapporre la lotta partigiana al nazifascismo alla lotta alla mafia. Ricordo Placido Rizzotto, un partigiano antifascista ucciso dalla mafia”, dichiara il presidente dell’Anpi di Roma, Fabrizio De Sanctis.
Salvini aveva nei giorni scorsi parlato della festa della liberazione come un derby a cui si sarebbe sottratto. “Tutti questi problemi sulla festa rossa o sulla festa di sinistra non me li faccio. Questo finto anticonformismo non mi ha mai entusiasmato nemmeno al liceo”, scrive su Facebook Di Maio.
Non vuol sentir parlare di polemiche il premier Giuseppe Conte: “Penso che questa giornata non debba essere vissuta riproponendo antiche divisioni o vecchi pregiudizi. È il giorno – dice – in cui abbiamo riconquistato la nostra indipendenza, che ha avviato la rinascita della nazione e nel quale possiamo rinvenire le radici del nostro patto costituzionale”.
Il premier era in mattinata accanto al capo dello Stato, Sergio Mattarella, all’Altare della Patria. Il presidente della Repubblica ha ricordato, poi, da Vittorio Veneto quanto sia fondamentale “festeggiare il 25 aprile” perché “significa celebrare il ritorno dell’Italia alla libertà e alla democrazia, dopo vent’anni di dittatura”.
Ad accoglierlo c’era il governatore Luca Zaia che ha negato “ordini di scuderia come qualcuno ha voluto far balenare” da parte della Lega sulla partecipazione dei propri esponenti alle cerimonie ufficiali. Ma lui non è un ministro. “La storia insegna che quando i popoli barattano la propria libertà in cambio di promesse di ordine e di tutela, gli avvenimenti prendono sempre una piega tragica e distruttiva”, è l’avvertimento che il capo dello Stato consegna al Paese il 25 aprile di quest’anno.