Prima la relazione choc che, ignorando i risultati della commissione d’inchiesta presieduta dal dem Gian Piero Scanu e a cui nella scorsa legislatura ha partecipato attivamente lo stesso ministro della Salute Giulia Grillo, ha sostenuto l’assenza di nesso di causalità tra l’esposizione all’uranio impoverito nelle missioni in Bosnia e Kosovo e le patologie tumorali di cui sono rimasti vittime tanti militari. E ora il tentativo dell’Avvocatura dello Stato di utilizzare quell’atto, firmato proprio dal ministro Grillo e dalla collega Elisabetta Trenta, per cercare di smontare le prove in tribunale e negare il risarcimento a chi, dopo aver servito il proprio Paese, si trova a lottare contro il cancro.
Il primo caso si è registrato a Palermo, dove l’Avvocatura appunto, per evitare al ministero della Difesa di pagare i danni a un militare vittima di un carcinoma alla tiroide di ritorno dalla Bosnia, ha tirato fuori la relazione Grillo-Trenta, redatta sulla scorta di dati elaborati da burocrati, essendo da tempo gli scienziati estromessi dal monitoraggio, e sostenuto che l’uranio impoverito non avrebbe fatto ammalare i soldati. Una mossa che non è riuscita soltanto perché la causa era ormai in fase di decisione e il tribunale del lavoro non ha ammesso ulteriori atti.
SMARRITA LA VIA. Il rapporto, reso noto sabato scorso da La Notizia, sta gettando nel panico le molte famiglie dei militari colpiti dal cancro. Sembrano distanti anni luce le stesse parole pronunciate dal vicepremier Luigi Di Maio a novembre, quando parlando del tavolo tecnico aperto sul tema dalla Trenta, sostenne che su tale argomento “i precedenti governi hanno fatto spallucce” e i pentastellati invece lo hanno “affrontato immediatamente”. “È una battaglia storica del Movimento 5 Stelle – dichiarò – e ne vado fiero. Andiamo avanti come un treno, senza fermarci”. Un treno che però sembra essersi fermato con la relazione, la prima negli ultimi dieci anni, presentata da due ministri M5S alla Camera.
SI CORRE AI RIPARI. Il caso è di quelli spinosi per la Difesa e per lo stesso Governo gialloverde. Fonti vicine al ministro Trenta assicurano però che non c’è stato alcun cambio di rotta e che il rapporto choc è stato firmato solo come atto dovuto. “Fa capo – assicurano – a disposizioni del precedente Governo”. Anche se la relazione non veniva inviata alla Camera da dieci anni ed è prevista da una legge del 2000. Le stesse fonti della Difesa precisano poi che quel documento è considerato superato, che tale particolare verrà certificato nel tavolo tecnico sull’uranio impoverito aperto dalla Trenta e che una legge in materia (già pronta, approderà in Parlamento al massimo a dicembre) invertirà l’onere della prova, impedendo che sia la vittima a dover dimostrare il nesso di causalità tra la malattia e le missioni all’estero. Sarà eventualmente lo Stato a dover dimostrare il contrario. “L’Avvocatura – concludono le stessa fonti – sarà invitata a non utilizzare più quel rapporto nei tribunali”.