Dopo le picconate della Corte Ue al ‘fine pena mai’, ieri sono arrivate pure quelle della Consulta. Una doppia bocciatura che, nel giro di pochi giorni, ha letteralmente messo in ginocchio la normativa antimafia italiana. Il motivo del contendere, in entrambi i casi, era quello dell’ergastolo ostativo, ossia quella norma che non prevede benefici né sconti di pena per i condannati al carcere a vita e che ora andrà necessariamente cambiata. Se la Corte di Strasburgo, non più tardi di una settimana fa, aveva definito questa misura come “lesiva dei diritti dell’uomo”, per la Consulta è – in parte – contraria alla Costituzione.
A spiegare le ragioni che hanno spinto la Consulta a bocciare il cosiddetto fine pena mai, è stata la Corte stessa attraverso una dettagliata nota. In questa si legge che “La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo nella parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità della partecipazione all’associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata. Sempre che, ovviamente, il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo”. Insomma si tratta dell’articolo 4 bis, comma 1, dell’Ordinamento penitenziario voluto con insistenza dal giudice Giovanni Falcone.
Una misura importante e a lungo dibattuta di cui si era dovuto dotare lo Stato italiano per alzare il livello di sfida alla mafia perché mirava a convincere gli appartenenti ai clan di fare il salto della barricata, trasformandoli in preziosi pentiti. Proprio il tema del pentimento era finito all’attenzione della Corte europea dei diritti dell’uomo mentre l’attenzione della Consulta si era concentrata sul tema dei permessi premio. A dare il via all’attività della Corte Costituzionale erano stati i casi di permessi bonus per buona condotta che erano stati chiesti e negati a due ergastolani, Sebastiano Cannizzaro e Pietro Pavone, con la motivazione che non avevano mai espresso alcun pentimento.
Sembra proprio che la decisione della Consulta non sia andata a genio a gran parte dei magistrati e dei politici. Infatti, a pochi minuti dal verdetto, il consigliere del Consiglio superiore della magistratura Nino Di Matteo aveva spiegato che: “La sentenza ponendo fine all’automatismo che caratterizza l’ergastolo ostativo apre un varco potenzialmente pericoloso”. Parole in linea con quelle dell’intero arco parlamentare, con in prima fila il Movimento 5 stelle che, da più parti, ha fatto sentire la propria voce. Tra i più critici, il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra secondo cui: “La Consulta è intervenuta sull’ergastolo ostativo. Altra sconfitta. Francamente è una sconfitta per chi crede che la mafia meriti il doppio binario e quindi una legislazione del tutto particolare, eccezionale”. Di tutt’altro parere l’associazione Antigone che, per bocca del presidente Patrizio Gonnella, ha esultato: “E’ una sentenza di straordinario valore questa della Corte Costituzionale. I giudici pongono un limite al potere di punire e ribadiscono un principio fondamentale della nostra carta costituzionale: sempre e comunque la pena deve tendere alla rieducazione del condannato”.