“I fatti contestati appaiono oggettivamente e incontrovertibilmente gravi e tali da rendere incompatibile con gli stessi l’esercizio delle funzioni, perché idonei a compromettere irrimediabilmente, allo stato degli atti, la credibilità del magistrato, anche sotto il profilo dell’imparzialità e dell’equilibrio”. E’ quanto scrive la Sezione disciplinare del Csm motivando la sospensione dalle funzioni e dallo stipendio del pm romano Luca Palamara, coinvolto nel scandalo procure e indagato a Perugia per corruzione.
Un “risiko giudiziario”, scrivono ancora i giudici della sezione disciplinare di Palazzo dei Marescialli, per “favorire indebitamente, per ragioni legate non alla professionalità dei candidati preferiti (che qui non è in discussione) ma a propri interessi personali, alcuni candidati, con necessario pregiudizio di altri ignari colleghi”. Si tratta di “molteplici condotte essenzialmente tenute nel corso di incontri tra magistrati e tra magistrati e persone non appartenenti all’ordine giudiziario, di sicura rilevanza disciplinare: rispetto a tali condotte appare indubbiamente non condivisibile il tentativo, prospettato dalla difesa dell’incolpato, di giustificare le medesime alla stregua di libere manifestazioni del pensiero e di idee dell’incolpato”.
Una “ripetuta concertazione” di Palamara, scrive ancora il Csm, “con soggetti diversi, (taluno anche imputato e perseguito da una delle procure oggetto di attenzione), di azioni ritenute necessarie o utili per la collocazione di determinati magistrati a specifici uffici giudiziari, non indifferenti rispetto all’incolpato e a taluno degli altri interlocutori, perché individuati specialmente in relazione a interessi personali variamente articolati”, come la “propria collocazione personale come procuratore aggiunto a Roma”, l'”individuazione di un procuratore della Repubblica di Roma ritenuto (senza che interessi, qui, se a torto o a ragione) sensibile a vicende personali dell’interessato e di alcuni suoi interlocutori”.
Ma anche l'”individuazione del procuratore della Repubblica di Perugia”, o l’interesse a “determinare una ordinata sequenza di ‘liberazione’ e ‘occupazione’ di svariati uffici giudiziari, come in una sorta di ‘risiko giudiziario’, con la prospettazione condivisa di un programmato effetto domino”, nonché quello a “screditare taluni magistrati (validamente) concorrenti per quegli uffici, a vantaggio di altri, al fine di consentire la realizzazione dei propri obiettivi programmati”.
In particolare tra Palamara e l’imprenditore Fabrizio Centofanti c’era una “relazione pericolosa”. “Si profila un quadro composito – aggiunge la sezione disciplinare -, dal quale emerge con più che ragionevole grado di attendibilità la possibilità di ascrivere all’incolpato una pluralità di condotte disciplinarmente rilevanti, anche di notevole gravità”. Il pm avrebbe avuto, infatti, frequenti contatti con Centofanti, “nel contesto di una relazione che – in ragione del significativo coinvolgimento di quest’ultimo in vicende di rilevanza penale – appariva già in sé poco opportuna”.