Non bastavano le dure critiche del direttore de l’Unità, Sergio Staino, nostalgico dei tempi di Lama e Trentin. L’ultima bordata contro una Susanna Camusso già azzoppata dal “no” della Corte costituzionale al referendum sull’art. 18 l’ha tirata Maurizio Landini, uno con cui i rapporti sono sempre stati di amore e odio nonostante i baci e gli abbracci in pubblico. Il segretario generale della Fiom ha bollato come “inopportuno” il fatto che “alcune strutture del sindacato abbiano usato, sia pure in modo limitato, i buoni lavoro”, alias i famigerati voucher. Proprio quelli di cui, a Bologna, anche la Cgil ha fatto uso ma che a parole dice di voler abolire. Una manifesta prova di “ipocrisia”, come l’ha definita tre giorni fa il presidente dell’Inps, Tito Boeri, un altro con cui “Susanna” non ha mai avuto granché da spartire. Al di là degli attacchi di questo o quello, comunque, il niet dei giudici della Consulta al quesito sull’art. 18 ha aperto una crepa profonda pure all’interno del sindacato di Corso d’Italia. Non è solo la Cisl, insomma, a passarsela non proprio benissimo. Per molti, le “pretese” di Camusso e Co. – ovvero la reintroduzione della reintegra in caso di licenziamento senza giusta causa e la sua estensione alle imprese sopra i 5 dipendenti – sono sembrate strumentali al punto da ipotizzare che forse di quel referendum la Cgil avrebbe fatto volentieri a meno, vista pure la trattativa in atto col Governo per il rinnovo del contratto del pubblico impiego. Tradotto: è stata una sconfitta consapevole. Tesi ovviamente respinta dal sindacato, ma su cui aleggiano ancora forti dubbi.
Dopo Susanna – Certo, la Camusso ha provato a giocare in contropiede, annunciando addirittura l’intenzione di un ricorso alla Corte europea. Ma la frittata è già stata fatta e ora è difficile metterci una pezza. Ecco perché, se pur con un anno di anticipo (il prossimo congresso è infatti fissato per il 2018), dentro la Cgil si comincia a tracciare l’identikit di colui – o colei – che ne prenderà il posto. Il successore potrebbe arrivare, guarda caso, proprio dalla costola della funziona pubblica della Cgil. Si tratta di Serena Sorrentino, classe 1978 (l’anno in cui Luciano Lama annunciava la “svolta dell’Eur”) che alla Cgil si è avvicinata nel 1994. Da quel momento in poi la carriera della campana “Serena” è stata in costante ascesa, tanto da approdare nel 2010, a 32 anni, nella segreteria di Guglielmo Epifani con il ruolo di responsabile delle politiche sulle pari opportunità.
Prova generale – Anche se non è una che ama troppo gli studi televisivi, tre giorni fa per la Sorrentino è andata in scena una sorta di prova generale. La numero uno della Fp Cgil era infatti seduta nel salotto di Porta a Porta, protagonista di un serrato confronto con Tommaso Nannicini, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio e braccio destro di Matteo Renzi. Risollevare le sorti della Cgil, che solo fra il 2014 e il 2015 ha perso oltre 75mila iscritti, però, non sarà facile. Nemmeno un po’.