L’anticipo del conguaglio delle pensioni arriverà a dicembre. Il primo dell’ultimo mese dell’anno i pensionati si vedranno accreditati l’aumento e probabilmente anche gli arretrati relativi alla rivalutazione degli assegni, con l’adeguamento all’inflazione effettiva del 2022.
Si tratta di un aumento dello 0,8% per raggiungere l’8,1% di inflazione che è il dato finale per il 2022. Inizialmente si pensava che il conguaglio sarebbe arrivato a novembre, ma con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legge collegato alla manovra si ha ora la data certa: si tratterà del primo dicembre.
Quanto aumentano le pensioni con il nuovo adeguamento
Prendiamo l’esempio di un assegno che era da mille euro fino a fine 2022. Nel 2023 è già salito di 73 euro, con la rivalutazione del 7,3% precedentemente stimata per l’inflazione. Ora, con i dati definitivi sull’inflazione all’8,1%, si dovrà aggiungere un ulteriore 0,8%. Che vuol dire altri 8 euro per un assegno da mille euro e un totale di 1.081.
Inoltre a dicembre l’assegno dovrebbe essere più pesante grazie all’arrivo degli arretrati, ovvero degli 8 euro (sempre con riferimento a un assegno da mille euro mensili nel 2022) per tutte le mensilità precedenti dell’anno in corso, da gennaio a dicembre. In questo caso, quindi, si tratta di poco meno di 90 euro.
Gli aumenti fascia per fascia
Anche per il conguaglio di dicembre vale la stretta messa in campo per le pensioni del 2023, con una rivalutazione che non è piena per quelli di importo superiore a quattro volte il minimo, ovvero 2.101,52 euro mensili. La rivalutazione è dell’85% tra le quattro e le cinque volte il minimo, del 53% tra le cinque e le sei volte il minimo, del 47% tra le sei e le otto volte il minimo, del 37% tra le otto e le dieci volte il minimo e del 32% oltre le dieci volte il minimo.
Questo meccanismo dovrebbe leggermente cambiare nel 2024, seppure con la conferma di un taglio della rivalutazione, come già annunciato dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Per gli assegni tra le quattro e le cinque volte il minimo la rivalutazione sarà del 90% (e non più dell’85%), mentre per le altre fasce viene confermata una riduzione graduale ma non è ancora stata comunicata la percentuale.
Pensioni, non cambia l’età di uscita dal lavoro
Un’altra novità in tema di pensioni riguarda il requisito d’età per lasciare il lavoro. Un altro testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale certifica che non sono previsti ulteriori aumenti, il che vuol dire che l’età per la pensione di vecchiaia resta quella dei 67 anni con almeno 20 di contributi versati.
Non cambia neanche il requisito per i lavoratori gravosi: 66 anni e 7 mesi a fronte di almeno 30 di contributi. La decisione di non incrementare l’età per la pensione di vecchiaia deriva dai dati Istat che testimoniano come la speranza di vita sia diminuita e non aumentata.