Una delle più grandi incognite della manovra riguarda le pensioni. La conferma della Quota 103 sembra quasi certa, il che vuol dire che non ci sarà alcun superamento della legge Fornero. Mentre molto più incerto è il destino dell’uscita anticipata per le lavoratrici, con possibili modifiche all’Opzione donna.
Il governo, dopo il fallimento della misura seguito alla stretta voluta dalla stessa Giorgia Meloni nella sua prima legge di Bilancio, vuole cambiare le regole. Nel 2023 l’Opzione donna è riservata solo a pochissime categorie: lavoratrici con almeno 60 anni (con uno sconto fino a due anni per chi ha almeno due figli) che siano o caregiver, o invalide almeno al 74% o lavoratrici licenziate o dipendenti di un’azienda in crisi.
Attualmente l’Opzione donna prevede un’uscita anticipata con il ricalcolo contributivo dell’assegno, quindi penalizzante. Diverse le ipotesi in campo per il 2024: da un’Ape donna (sul modello dell’Ape sociale) a un’Opzione donna con l’eliminazione del criterio dei figli e qualche altra revisione. Entriamo nel dettaglio.
Pensioni, come potrebbe funzionare l’Ape donna
Una delle ipotesi allo studio dei tecnici del Mef segue il modello dell’Ape sociale, previsto solo per alcune categorie. Nel caso dell’Ape donna le categorie sarebbero le stesse già previste oggi dall’Opzione donna, ma con una limitazione d’età: ne potrebbero usufruire solamente le lavoratrici con almeno 61-62 anni e con 30 di contributi (che potrebbero scendere a 28 in caso di due figli).
Il sussidio non sarebbe una vera pensione ma un’indennità che può raggiungere fino a 1.500 euro lordi per 12 mensilità e senza il ricalcolo contributivo dell’assegno. Questo sussidio verrebbe percepito fino alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia. Potrebbe essere valido anche per le lavoratrici che svolgono mansioni gravose e abbiano almeno 36 anni di contributi (che scendono a 34 in caso di due figli).
Le ipotesi per la nuova Opzione donna
Un’altra ipotesi in campo è quella di modificare l’Opzione donna eliminando il paletto relativo ai figli, lasciando però intatto il requisito delle tre categorie. Quindi si tornerebbe all’uscita a 58 anni di età per tutte, senza sconti per i figli.
Un’altra ipotesi consiste invece in un mix delle due precedenti proposte. Se dovessero esserci abbastanza risorse (lo scopriremo con la Nadef entro fine mese), si potrebbe optare per un’uscita anticipata a 60 anni (o 58) con il ricalcolo contributivo dell’assegno e all’Ape donna, ovvero l’indennità per le lavoratrici di 61-62 anni in attesa della pensione di vecchiaia.