Pensioni, la doppia beffa della Quota 41 che vuole introdurre il governo

In tema di pensioni il governo pensa a una Quota 41 che nasconde però una doppia beffa tra assegni più bassi e requisiti troppo stringenti.

Pensioni, la doppia beffa della Quota 41 che vuole introdurre il governo

La Quota 41 tanto agognata dalla Lega è un po’ meno irrealizzabile oggi, ma sarà comunque una beffa. Enorme, per chi sperava di andare in pensione con largo anticipo. Perché, in realtà, la misura a cui stanno lavorando i tecnici del ministero dell’Economia guidato da Giancarlo Giorgetti, spiega il Corriere della Sera, è una rivisitazione della Quota 41 con criteri molto stringenti.

Si punta a una forte limitazione della platea: si andrebbe sì in pensione con 41 anni di contributi versati, ma solamente per chi ha versato almeno 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni. In pratica, potrà aderire solamente chi ha iniziato a lavorare da minorenne. 

Pensioni, il passaggio dalla Quota 103 alla Quota 41

L’ipotesi, quindi, è quella di passare dalla Quota 103 alla Quota 41. La Quota 103, attualmente in vigore, prevede che si possa andare in pensione con 62 anni di età e 41 di contributi versati. Ma con importanti penalizzazioni, attraverso un ricalcolo contributivo dell’assegno. Che vuol dire una cifra più bassa di circa il 20% (se non di più). 

Le due beffe

Con il passaggio la penalizzazione resterebbe. Ecco la prima beffa, quindi, che renderebbe la misura non così conveniente, con un importante taglio degli assegni. Poi c’è la seconda beffa: potranno accedere, come detto, solo i lavoratori che hanno iniziato a versare i contributi da minorenni. 

Già oggi, tra l’altro, esistono misure di uscita anticipata per i lavoratori precoci, anche se vengono richiesti anche altri requisiti stringenti (come la disoccupazione o l’invalidità o altro ancora). Quindi, comunque, l’ampliamento della platea con la Quota 41 (decadendo il requisito dei 62 anni di età) ci sarebbe, ma molto limitato. Un modo per far contenta la Lega che chiede questa misura dalla campagna elettorale del 2022, ma senza incidere sui conti pubblici pesantemente. E senza far contento chi sperava di lasciare il lavoro in anticipo.