La spesa per le pensioni in Italia cresce. E, in particolare, è lievitata tra il 2019 e il 2024 di quasi 70 miliardi. A incidere è stato anche il sistema delle quote, compresa la nuova versione della Quota 103 con penalizzazioni – introdotta con l’ultima manovra dal governo Meloni – che rischia anche di essere l’ultima.
Di certo questa Quota 103 è molto diversa dalla prima versione, quella Quota 100 che ha mandato in pensione anticipata oltre 435mila lavoratori. Oggi, invece, i numeri sono ben diversi e un’ulteriore stretta non è da escludere.
Il flop delle nuove Quote
Dopo la Quota 100 la situazione è cambiata. Prima con la Quota 102 e poi anche con la Quota 103 nella sua prima versione, senza gli attuali paletti. Tra il primo gennaio del 2022 e il 31 dicembre del 2023, in due anni hanno aderito a queste due misure solo 36mila lavoratori. Di cui meno di 13mila per la Quota 102 e oltre 23mila per la Quota 103.
Stando ai dati dell’Osservatorio Inps sui flussi di pensionamento, le uscite anticipate nel 2022 sono state in totale 260mila per poi scendere a 227mila nel 2023. Ma l’impatto sulla spesa resta pesante, tanto che lo stesso Def del governo mette sotto accusa le Quote. Che, però, ha voluto lo stesso partito – la Lega – che oggi sta al ministero dell’Economia con Giancarlo Giorgetti. Inoltre anche la Ragioneria lamenta le deroghe alla legge Fornero, ritenute troppo costose.
Cosa succederà alle pensioni anticipate
Considerando lo stato delle casse statali sembra praticamente impossibile fare qualcosa in più quest’anno in tema di uscite anticipate dal lavoro. Anche perché il Mef continua a dire che i soldi non ci sono. Ma con la manovra si dovrà comunque decidere sul futuro delle Quote e sul dopo Quota 103.
Una delle ipotesi, considerando le scarse adesioni alla misura, è quella di prorogare di un anno la versione penalizzata della Quota 103. L’alternativa, a cui punta la Lega, è una Quota 41, ovvero la pensione anticipata con 41 anni di contributi versati indipendentemente dall’età, ma calcolando l’assegno sul solo metodo contributivo.
Anche con questa penalizzazione, però, la misura costerebbe parecchio. Per cui l’unica possibilità è di introdurla andando a reperire le risorse da una stretta sull’indicizzazione degli assegni più elevati. Insomma, un taglio all’adeguamento all’inflazione per favorire chi vuole lasciare prima il lavoro.