La Quota 103 con penalizzazioni e la riforma dell’Opzione donna hanno dato il colpo del ko alle pensioni anticipate. Le destre che hanno più volte promesso, a partire dalla Lega e da Matteo Salvini, di superare la legge Fornero, di fatto hanno invece allontanato ogni ipotesi di uscita anticipata.
A dirlo sono i dati dell’Osservatorio Inps sul monitoraggio dei flussi di pensionamento: con la fine dell’effetto della Quota 100 e l’arrivo della Quota 103 con penalizzazioni e dell’Opzione donna ridimensionata, il numero di pensionamenti nel primo trimestre del 2024 è sceso.
In calo le nuove pensioni, resta il gender gap
La corsa alle pensioni rallenta, bruscamente, soprattutto nel pubblico impiego. Nei primi tre mesi dell’anno l’Inps ha liquidato 187.223 nuove pensioni, con un calo del 16,16% rispetto allo stesso periodo del 2023. I trattamenti anticipati sono stati 56.660, ovvero circa il 30% del totale.
L’importo medio delle nuove pensioni è di 1.225 euro. Nello specifico l’assegno medio è di 888 euro per le pensioni di vecchiaia e di 2.017 per quelle anticipate. Resta inoltre un’importante differenza tra i trattamenti per gli uomini e per le donne: le ex lavoratrici ricevono un assegno medio di 999 euro, gli ex lavoratori di 1.473 euro. Il gender gap resta con una differenza del 32%.
D’altronde a peggiorare è anche la situazione dell’Opzione donna: dopo la stretta voluta dal governo Meloni e dal ministro leghista dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, gli accessi alla misura sono crollati: nei primi tre mesi del 2024 sono stati solamente 1.276. E già nel 2023 erano stati pochissimi, fermandosi a quota 11.514, in netto calo rispetto al passato, quando i requisiti erano meno stringenti.
Il crollo nel pubblico impiego
C’è un altro dato da sottolineare: la pensione anticipata è ancora uno strumento che conviene soprattutto ai lavoratori del pubblico impiego. Per quanto riguarda i dipendenti pubblici, le pensioni del primo trimestre sono state 18.905 (su 187mila totali), di cui oltre la metà anticipate: parliamo di 10.287 uscite prima del termine (circa un quinto del totale), per un importo medio di 2.483 euro. A conferma che le restrizioni del governo hanno favorito soprattutto i dipendenti pubblici con alti stipendi ed elevati assegni previdenziali.
In generale, il calo più consistente di nuove uscite riguarda proprio il pubblico impiego: -35%. E rallentano le pensioni di vecchiaia, anticipate e ancor di più per invalidità e ai superstiti. Per i trattamenti anticipati il calo nel pubblico impiego è stato del 16,3%, con un’età media di accesso che sale invece a 61,8 anni. In conclusione, i dati parlano chiaro: il governo che doveva smantellare la riforma Fornero, ha invece smantellato l’uscita anticipata dal lavoro.