Il taglio delle pensioni inserito dalla manovra targata Giorgia Meloni resta e colpirà lavoratori che, in realtà, non sono più tali ma non sono neanche pensionati. La Cgil li chiama gli “esodati” del governo Meloni e sono coloro i quali ricevono assegni-ponte in seguito agli accordi stipulati con le aziende: sono, di fatto, dei pre-pensionati.
Come racconta la Repubblica, però, il rendimento dei loro contributi è stato ridotto dall’ultima manovra, attraverso la norma che doveva tagliare le pensioni di medici, infermieri e dipendenti degli enti locali. Alcuni di questi pre-pensionati sono passati da essere dipendenti pubblici a privati e così quando arriveranno ufficialmente in pensione avranno un assegno tagliare.
Per evitare il taglio l’unica possibilità è di restare al lavoro fino ai 67 anni, quando si maturano i requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia. Ma essendo in alcuni casi già fuori dalle aziende ormai non possono più tornare indietro.
Il taglio delle pensioni per gli esodati del governo Meloni
Il taglio era stato inizialmente previsto per 732.300 lavoratori pubblici, per un risparmio di oltre 20 miliardi in 20 anni. Ma tra di loro ci sono anche questi esodati, che sono per esempio dipendenti di ex aziende municipalizzate poi privatizzate o di banche pubbliche acquisite da altre private.
Questi lavoratori sono rimasti con la cassa pubblica con cui avevano iniziato il versamento dei contributi prima del 1995. Ma il loro rendimento, ora, è stato tagliato dalla manovra, con il prepensionamento da parte delle loro aziende.
Perché rischia di essere troppo tardi
Le imprese, quindi, hanno fatto anticipare la pensione a questi lavoratori a loro spese. Alcuni di questi lavoratori sono già usciti e altri stanno per farlo, ma quando l’assegno ponte terminerà si vedranno ridurre il cedolino mensile del 20%, secondo il responsabile previdenza della Cgil, Ezio Cigna.
Chi già è uscito dal lavoro non può tornare indietro, mentre chi sta per farlo deve rivedere gli accordi aziendali e sperare che possa restare al suo posto fino ai 67 anni. Non si sa quanti siano gli esodati, spiega la Cgil, che però assicura di essere già pronta ad “azioni legali per i forti profili di incostituzionalità”, come afferma la segretaria confederale Lara Ghiglione.