Non solo i vitalizi degli ex parlamentari. Anche le pensioni d’oro hanno i giorni contati. Con la proposta di legge della maggioranza, primi firmatari il capogruppo M5S alla Camera, Francesco D’Uva, e il deputato della Lega, Riccardo Molinari, anche per i paperoni della previdenza la pacchia sta per finire. Il provvedimento depositato ieri in commissione Lavoro a Montecitorio prevede “un meccanismo di ricalcolo della quota retributiva delle pensioni e degli assegni vitalizi di importo complessivo pari o superiore alla soglia di 90mila euro euro lordi annui”. L’equivalente di 4.500 euro netti al mese. Con l’obiettivo, sottolineato la relazione introduttiva del testo che La Notizia ha potuto visionare, di liberare risorse da destinare “all’integrazione delle pensioni minime e delle pensioni sociali, elevando i trattamenti che oggi si attestano intorno a 450 euro mensili fino alla soglia di 780 euro”.
Senza eccezioni – Ma cosa prevede nello specifico la proposta di legge congiunta M5S-Lega? Il ricalcolo scatterà a decorrere dal primo gennaio 2019 e non farà sconti a nessuno. Nessuna eccezione, insomma, neppure per i sindacati. Obiettivo dichiarato della norma, infatti, è quello di “rimediare alla disparità di trattamento riportando ad un regime di equità l’applicazione del calcolo della base imponibile a fini pensionistici, attualmente più favorevole ai lavoratori delle organizzazioni sindacali”. Ma non è tutto. La sforbiciata non risparmierà neppure i pensionati degli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale. Vale a dire Quirinale, Parlamento, Governo, Corte costituzionale, Corte dei Conti, Consiglio di Stato, Consiglio Superiore della Magistratura, Consiglio Nazionale dell’economia e del lavoro: la proposta prevede che “si adeguino, nell’ambito della loro autonomia, al meccanismo di ricalcolo” introdotto dalla legge. Unica eccezione, invece, per quei “soggetti svantaggiati” ai quali, in ragione della loro “condizione di invalidità o inabilità” o perché “vittime del dovere o di azioni terroristiche”, il provvedimento “intende continuare ad assicurare” quel regime di “maggior tutela” accordato dal sistema.
A prova di corte – Resta, tuttavia, l’incognita degli eventuali profili di incostituzionalità di una proposta che incide sui cosiddetti diritti acquisiti. Una questione che, tuttavia, non preoccupa più di tanto i proponenti. Che, anzi, nell’articolata relazione che introduce la proposta di legge, affrontano smontando le obiezioni da più parti sollevate su questo delicato aspetto. Richiamandosi proprio al “più recente indirizzo” della Consulta che, “nell’ottica dello spirito costituzionale di solidarietà politica, economica e sociale e nel rispetto dei criteri di ragionevolezza e di proporzionalità degli interventi, ha già vagliato positivamente recenti misure che pure incidevano sui diritti patrimoniali di una platea ristretta di destinatari”.