Le pensioni anticipate di fatto sono quasi sparite. Il sistema delle quote si è rivelato, una volta eliminata la Quota 100, un quasi completo disastro. A certificarlo sono le cifre fornite dal rapporto annuale dell’Inps presentata dal commissario straordinario Micaela Gelera.
Un confronto spiega bene questo fenomeno: dal 2019 le uscite con la Quota 100 sono state circa 433mila. Poi la misura è stata rimpiazzata da altre uscite anticipate dal lavoro: la Quota 102 che può contare su 10.563 adesioni e la Quota 103 (attualmente in vigore e che dovrebbe essere prorogata per il 2024) che, fino al 31 maggio, ha raccolto 5.125 domande. In totale le uscite anticipate sono state 448mila dal 2019 a fine maggio del 2023.
Il fallimento delle nuove quote
Il dato è quindi eloquente: con la fine della Quota 100 gli anticipi pensionistici sono quasi spariti. Un’altra cifra fornita dal rapporto annuale dell’Inps va in questa direzione: nel 2022 si è registrata una flessione del 3% delle nuove prestazioni previdenziali, legata soprattutto alla fine della Quota 100 (terminata il 31 dicembre 2021). In calo anche le pensioni al superstite che avevano raggiunto il picco nel 2021, probabilmente legato ai decessi per Covid.
Le pensioni nel rapporto Inps 2023
Il rapporto Inps riporta anche gli altri dati sulle pensioni, che attualmente sono circa 16 milioni: il 52% riguarda le donne e l’importo della spesa pensionistica è pari a 322 miliardi. L’importo medio per gli uomini è superiore del 36% rispetto a quello percepito dalle donne.
Oltre la metà della spesa totale per pensioni viene assorbita dalle prestazioni anticipate, su un totale di 315 miliardi per i trattamenti pensionistici. Seguono, sempre per spesa, le pensioni di vecchiaia e poi quelle ai superstiti.
Il peso dell’inflazione sulle pensioni
L’Inps rileva anche gli effetti dell’inflazione sulle famiglie e sulla loro propensione alla spesa tra il 2018 e il 2022: cumulativamente la perdita è stata del 15% per le famiglie con contenuta propensione alla spesa, ovvero 5 punti percentuali in più dei nuclei con più propensione alla spesa. Gli effetti, però, sono quasi del tutto compensati da quelli dell’aumento dell’occupazione e dagli aiuti degli scorsi anni.
Peggiore, invece, la perdita per le famiglie che hanno solo redditi da pensione: non sono bastate, per loro, le misure del decreto Aiuti bis contro la perdita del potere d’acquisto. Nel periodo 2018-2022 i pensionati del primo quinto della distribuzione della spesa hanno perso il 10,6% del reddito in termini reali, mentre nell’ultimo quinto la perdita è stata del 7,5%.