L’ulteriore taglio della rivalutazione delle pensioni previsto dalla manovra per il 2024 costerà altri 500 euro circa. Il calcolo è dell’Ufficio parlamentare di bilancio e testimonia gli effetti del secondo abbassamento in due anni (entrambi stabiliti dal governo guidato da Giorgia Meloni) della rivalutazione degli assegni per chi percepisce pensioni sopra le dieci volte il minimo, ovvero 5.680 euro lordi.
La legge di Bilancio ha rivisto le percentuali di adeguamento degli assegni all’inflazione, dopo aver già introdotto un’importante stretta per l’anno in corso. Nel 2023 la rivalutazione per gli assegni sopra le dieci volte il minimo era del 32%, ma dal 2024 scenderà ulteriormente al 22%. Vediamo quali saranno gli effetti.
Pensioni, quanto costa l’ulteriore stretta del governo
Partendo da queste percentuali, l’Ufficio parlamentare di bilancio ha effettuato alcune simulazioni, constatando che il taglio medio è di 504 euro l’anno per questi pensionati. Una cifra che si aggiunge a quella già tagliata per il 2023. Tutto ciò a fronte di un risparmio di soli 77 milioni di euro per le casse dello Stato. Mentre, ricordiamo, molto più rilevante per il bilancio statale (fino a dieci miliardi in tre anni) è stato il risparmio derivante dal taglio delle rivalutazioni introdotto a partire dal 2023.
E non è finita qui, perché il timore è che si debba nuovamente intervenire con l’emendamento del governo alla manovra. L’esecutivo ha promesso che rivedrà la stretta sugli assegni dei medici e dei dipendenti statali e per farlo ha bisogno di risorse, che potrebbero arrivare proprio da un ulteriore taglio delle rivalutazioni.
Ipotesi contro cui si scaglia il presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla: “Nessuno si senta in diritto di ledere l’aspettativa verso le pensioni che ci siamo pagati di tasca nostra”. D’altronde proprio i manager in pensione sono tra le categorie più colpite dalla stretta sulla perequazione voluta dal governo, tanto che hanno attivato anche una serie di cause legali.