Sembra ormai certo il taglio della rivalutazione delle pensioni. L’adeguamento all’inflazione per milioni di pensionati potrebbe sfumare o essere almeno ridimensionato. E un’ulteriore conferma arriva dalla missione affidata dal governo all’Inps: effettuare le simulazioni per capire quanti soldi si possono mettere da parte grazie alla mancata indicizzazione.
Nel frattempo Cgil, Cisl e Uil chiedono al governo di portare una proposta concreta al tavolo tecnico del 5 settembre con la ministra del Lavoro, Marina Calderone. Ma sembra difficile ottenere qualcosa, se non l’ufficializzazione dei tagli.
Pensioni, il governo chiede all’Inps di fare i conti
L’Inps sta lavorando su diversi dossier, come spiega la Repubblica: l’intenzione è di valutare tutti i costi possibili e tutte le platee per quanto riguarda le misure previdenziali che andranno in manovra. Si valuta, quindi, anche l’impatto del nuovo Ape Sociale (che potrebbe inglobare l’Opzione donna) e del rinnovo della Quota 103.
Allo studio anche un’ipotesi di Quota 41 con il ricalcolo contributivo, che non piace però alla Lega. L’intenzione del ministero dell’Economia è di spendere al massimo un miliardo e mezzo per il pacchetto pensioni.
L’indicizzazione degli assegni ridimensionata per fare cassa
Nel triennio 2023-2025 il governo riuscirà a risparmiare 10 miliardi grazie alla mancata rivalutazione completa stabilita da Meloni con la scorsa legge di Bilancio, prevedendo un decalage dell’adeguamento per gli assegni superiori a quattro volte il trattamento minimo.
Di fatto questo vuol dire incassare solamente per il prossimo anno quattro miliardi: soldi messi da parte sulle spalle dei pensionati e che non torneranno, come accusano i sindacati.
Le sigle lamentano che i pensionati vengono usati come “bancomat” ogni volta che si evidenziano “falle nei conti pubblici”. E criticano il governo, accusando di aver fatto peggio degli esecutivi precedenti in tema di pensioni. Tanto che, infatti, fanno i conti sulle spalle dei pensionati per capire come fare cassa.