Pensione a 64 anni con assegno ridotto dal 10 al 18%: in che cosa consiste la nuova ipotesi posta all’esame del Governo italiano?
Pensione a 64 anni con assegno ridotto dal 10 al 18% e con 20 anni di contribuzione
Quota 102 decadrà alla fine del 2022 e, a partire dal 2023, è prevista la reintroduzione della legge Fornero nella sua versione originale. In questo modo, i lavoratori italiani potranno andare in pensione all’età di 67 anni oppure con almeno 43 anni di lavoro per gli uomini e 42 per le donne.
La riadozione della legge Fornero potrebbe essere scongiurata soltanto nel caso in cui, entro i prossimi sei mesi, il Governo riesca a mettere in atto una forte riforma del sistema pensionistico, in accordo con le parti sociali.
A febbraio 2022, l’esecutivo aveva accettato la richiesta di Cgil, Cisl e Uil di procedere al pensionamento prima dei 67 anni ma la discussione è stata bruscamente interrotta dallo scoppio del conflitto russo-ucraino e dalle tensioni della maggioranza legate alla riforma del Catasto e alle concessioni balneari. Superati simili scogli, tuttavia, i sindacati stanno insistendo affinché il Governo riapra il tavolo sulle discussioni legate al tema delle pensioni.
In cosa consiste la nuova ipotesi al vaglio del Governo
Al momento, tra le ipotesi più accreditate, figura quella della pensione a 64 anni con assegno ridotto dal 10 al 18% e 20 anni di contribuzione. Una simile opzione è già attualmente possibile per chi è inquadrato totalmente con il sistema contributivo.
In un simile scenario, il Governo aveva manifestato la disponibilità di abbassare il limite minimo di 2,8 volte la pensione sociale in modo tale da accedere al pensionamento anticipato per chi fa parte del sistema contributivo fino a tre anni prima della pensione di vecchiaia ed estendere la medesima possibilità anche a chi rientra nel sistema misto, a patto che si decida di rinunciarvi per adottare il contributivo.
Il pensionamento a 64 anni con almeno 20 di contributi dovrebbe comportare una penalizzazione del 3% circa per ogni anno di anticipo. Per i lavoratori in regime contributivo, dunque, la penalizzazione consisterebbe in una riduzione dell’assegno non superiore al 10% mentre per i lavoratori in regime misto la riduzione potrebbe raggiungere il 18%.