Onorevole Marco Pellegrini (M5s), due mesi fa il ministro Crosetto disse che pensava di togliere il segreto sulle informazioni sull’invio di armi italiane a Kiev: s’è saputo qualcosa?
Sono passati due mesi – era il 29 maggio – da quando Crosetto, rispondendo a una nostra precisa sollecitazione, affermò alla Camera che stava pensando di togliere il segreto sulle informazioni che riguardano l’invio di armi italiane all’Ucraina, in linea con quanto avviene in tanti altri Paesi NATO e come il Movimento 5 Stelle chiede fin dal dicembre 2022. Evidentemente ci sta ancora pensando, perché ad oggi nulla è cambiato: nessuna informazione è stata diffusa dal Ministero della Difesa sul nono pacchetto di armi inviate a Kiev, né sulla tipologia di armamenti né sui costi. Tutto rimane segreto.
Cosa non ha detto il ministro fino a oggi?
Non ha detto quali armi abbiamo mandato e stiamo mandando a Kiev, limitandosi a non smentire le indiscrezioni trapelate sui giornali: ma cosa ci vuole a pubblicare sul sito della Difesa una lista delle armi inviate come fanno americani, inglesi, tedeschi? Sono forse più stupidi o forse ritengono meno stupide e immature le loro opinioni pubbliche? Lo stesso vale per l’aspetto dei costi: mai una cifra ufficiale è stata fornita dal Ministero di Crosetto. Anche in questo caso, abbiamo solo numeri e stime trapelate sui giornali. Di certo c’è solo una cosa, Meloni ha mentito quando al Senato il 21 marzo 2023 disse che gli italiani non avrebbero sborsato un euro per le armi a Kiev accusando chi sosteneva il contrario di “propaganda puerile”.
In aula lei ha dichiarato che il nostro Paese spenderà per l’Kiev circa 5 miliardi di euro. Come ha calcolato la cifra?
In base alle stime trapelate di cui sopra, che non sono state smentite dal Ministero, e che parlano di una media annua di spesa di 1,2 miliardi di euro: quindi 3,6 miliardi per il 2022-2024 a cui, in base agli impegni presi dal governo al summit Nato di Washington, andrebbero aggiunti 1,7 miliardi di dollari, cioè quasi 1,6 miliardi di euro, superando così un totale di 5 miliardi. Ma, ripeto, sono solo stime ufficiose. Noi vogliamo conoscere i costi ufficiali, dettagliati e complessivi. Vogliamo sapere come viene calcolato il valore delle armi inviate, il loro costo originario di acquisizione, il loro attuale valore di mercato o il costo del loro rimpiazzo con le nuove armi che l’Italia già sta comprando. Mi riferisco, ad esempio, ai nuovi approvvigionamenti di missili antiaerei americani Stinger per 808 milioni e di missili anticarro israeliani Spike per altri 92 milioni. E come viene conteggiato il bilancio dei contributi e rimborsi finora versati a e ricevuti dall’European Peace Facility? È tutto tenuto segreto ed è ormai anacronistico.
L’Italia, data la situazione non certo florida, può permettersi di spendere il 2% del Pil in armamenti?
Non certo nei termini temporali previsti che, grazie al M5S, non sono più quest’anno come voleva il partito di Crosetto, ma indicativamente il 2028, target che oggi lo stesso Crosetto definisce irraggiungibile e che quindi dovrà necessariamente slittare più in là nel tempo. Portare da 32 a 44 miliardi la spesa militare annua italiana nel giro di quattro anni è finanziariamente e politicamente insostenibile. Per noi la Difesa non dovrebbe puntare a spendere di più ma a spendere meglio: meno carri armati, navi e aerei da combattimento e più intelligence e cyberdifesa e più risorse per il personale operativo. E, soprattutto, più cooperazione industriale europea su sistemi di difesa condivisi che consentirebbero economie di scala e risparmi.