In questi giorni ha preso il via la Cop27, Alfonso Pecoraro Scanio, ex ministro e presidente della Fondazione Univerde, come giudica il biglietto da visita con cui si presenta l’Italia della Meloni?
“Noi siamo tra i Paesi che hanno sottoscritto il trattato di Kyoto e presentarci con più trivellazioni petrolifere e inceneritori, che sono entrambe tecnologie climalteranti, non è sicuramente un buon biglietto da visita. Unico risultato che possono vantare sul fronte della lotta al cambiamento climatico è il Superbonus inventato da Giuseppe Conte. Che vogliono tra le altre cose rivedere. Il rischio è che facciano oggi la figura di un Trump o di un Bolsonaro. Insomma andare in Egitto annunciando che si fanno più trivellazioni petrolifere significa che non si sta capendo di cosa si sta discutendo alla Cop27”.
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, in un’intervista ha dichiarato che la transizione ecologica va resa compatibile con le esigenze delle imprese. Che significa?
“Urso dice frasi da bar dello sport. Esprime posizioni molto più arretrate di quello che dice la parte più attenta del settore industriale. Più indietro rispetto, per esempio, a Elettricità futura che è l’associazione di Confindustria che propone di spendere 80 miliardi di soldi loro nelle rinnovabili. Così andiamo indietro invece che avanti”.
Crede che ci sarà un allentamento rispetto all’obiettivo dell’abbandono dei combustibili fossili? L’Italia di Draghi per rispondere alla crisi energetica ha optato come altri Paesi per prolungare la vita delle centrali a carbone o per riaprire quelle chiuse.
“Sicuramente questo governo è erede della peggiore azione fatta da Roberto Cingolani. Che non a caso è rimasto come loro consulente. Ma vorrei ritornare su un punto. Quando si dice che la transizione ecologica dev’essere fatta con le aziende bisogna capire con quali imprese? Quando si dice che non deve danneggiare il sistema produttivo significa per esempio fare marcia indietro sulle auto elettriche? Il rischio è che il Paese resti isolato nel contesto internazionale, che non sviluppi le tecnologie che saranno prevalenti nel futuro. Se tu assecondi la parte più retriva degli industriali tu perdi in innovazione e capacità così come è accaduto con la Fiat. Oggi Stellantis ha perso tutta la fase dell’ibrido”.
Questa Cop27 avviene in un contesto geopolitico particolare. Ritiene che la crisi energetica attuale debba giustificare un allentamento sulla strada del Green deal?
“A prescindere dal fatto che tutte le guerre sono nemiche dell’ambiente, la vicenda energetica legata alla crisi in Ucraina avrebbe dovuto consigliare il boom delle rinnovabili. Proprio perché dimostra i limiti e i guasti dell’essere dipendenti dai combustibili fossili, i governi dovrebbero spingere per creare una situazione di indipendenza energetica per i cittadini e le imprese. E la via maestra per questo sono le rinnovabili che sono energie di pace. Non ci può essere la guerra per l’accaparramento del sole”.
Cosa dobbiamo aspettarci da questa Cop27, allora?
“Condivido le preoccupazioni di Greta che ha detto che ormai le Cop sono il festival del greenwashing. La Conferenza in Egitto parte già fallita se è vero che solo 24 paesi su 193 hanno comunicato gli Ndc (Nationally determined contributions) ovvero gli impegni nazionali per raggiungere gli obiettivi sottoscritti solennemente a livello mondiale. L’Onu ha chiarito che con questi livelli di emissioni arrivare nel 2050 alla neutralità climatica sarà impossibile. Quindi lo scenario più probabile di fronte a questa disastrosa classe politica e dirigente mondiale è la catastrofe climatica. Laddove tutti gli Stati dovrebbero fare dei piani di sviluppo delle rinnovabili da consentire la fuoriuscita entro il 2050 dalla dipendenza dei fossili. Nel caso Italia, con Conte, chiedemmo il commissario sblocca-rinnovabili che possa aiutare le imprese che vogliono investire e le comunità dei cittadini comuni a produrre energia da soli. Invece di dare bonus energia sarebbe meglio regalare due pannelli solari ai meno abbienti. I bonus finiscono alle aziende dei fossili. Fin quando tu foraggi le aziende a perseguire nei comportamenti esistenti invece di indirizzarle al cambiamento non ci possono essere progressi. Urso non capisce una cosa: la transizione ecologica, anzi quella ecodigital, va accelerata. Alle aziende un ministro dovrebbe dire vi aiutiamo nella transizione ecodigital e non rallentiamo questa perché voi non siete in grado. Perché il punto è: ci rassegniamo all’inadeguatezza o le aiutiamo a diventare imprese innovatrici? Qui sta la differenza tra un governo che ha una visione e uno che si limita a gestire l’esistente che può portarci all’estinzione della specie umana”.
Il governo ha deciso di stanziare oltre 30 miliardi contro il caro-energia.
“Le risorse non sono tante. Ma il tema è come si spendono. Una cosa che non si dice è che le famiglie e le imprese che hanno usato il Superbonus o gli ecobonus in passato per ridurre il consumo energetico hanno avuto rincari inferiori a quelli che non li hanno utilizzati. Quindi la domanda è: vogliamo aiutare imprese e cittadini a essere indipendenti o vogliamo creare una sorta di clientelismo energetico, per cui le persone e le imprese che hanno problemi devono rivolgersi al governo per avere dei bonus? Un punto fondamentale su cui si dovrebbe insistere è il digitale. Noi dovremmo avere dei sistemi di domotica che ci permettano di spegnere le luci, di usare meglio gli elettrodomestici. In una sola parola di non avere sprechi. L’altra cosa è favorire la produzione diffusa di energia da fonti rinnovabili. Ma adesso, non solo, non si vedono progressi ma anzi regressi. Nel 2007 fummo protagonisti del primo piano europeo sul clima, il famoso 20-20-20, quando siamo diventati leader a livello mondiale per produzione di energia elettrica da fonte solare. Poi è partita la tiritera sul nucleare e vorrei ricordare che oggi sono 35 anni che l’80% degli italiani disse per la prima volta no al nucleare. Un no ribadito nel 2011. Forse ci vogliono costringere al terzo referendum. Il nucleare cosiddetto pulito, senza scorie, non esiste. Poi tra 30 anni o 40 anni ne parliamo. Ma nel frattempo sarà collassato il sistema climatico del pianeta. La verità è che paradossalmente occorre sperare in quella parte innovativa delle industrie e perfino della finanza che ha preso coscienza del rischio dell’estinzione, oltre che nella parte più attiva della società civile”.