Il giorno dopo i risultati elettorali in Abruzzo, che hanno nuovamente consegnato la Regione nelle mani del già governatore meloniano Marco Marsilio, le forze di opposizione che sostenevano unitariamente l’ex rettore di Teramo, Luciano D’Amico, si interrogano sui motivi della sconfitta e in un certo senso cercano di riposizionarsi. Non c’è dubbio che la riflessione più profonda e travagliata sia quella che si è aperta in seno al M5S che si è fermato a un modesto e deludente 7 per cento. Era al quasi 24 per cento cinque anni fa e al 18,4 per cento alle ultime politiche del 2022. Il Pd forte di un risultato di oltre il 20 per cento – era all’11,9 nelle regionali di cinque anni fa e al 16,6 per cento alle politiche – insiste sul campo largo.
Con Italia Viva e Azione in coalizione, Pd e M5S e sinistra ci rimettono
“Io non demordo, l’alleanza fra tutte le forze d’opposizione è un percorso avviato, sono sicura che ce la faremo”, dice la sua segretaria Elly Schlein. Al suo fianco, ora ha anche l’area riformista del partito: quella che è sempre stata più scettica verso un’alleanza con il M5S, ma che adesso sembra scommettere sul raggruppamento di forze in funzione anti-destra. Ma a una condizione: che si insista a cercare l’accordo anche con Azione e con Iv. E qua è il problema. Secondo l’Istituto Cattaneo il centrosinistra ha visto parte dei propri elettori astenersi, specie dentro il M5S. E sui motivi perché questo sia avvenuto si stanno interrogando i pentastellati.
Come dimostra l’Abruzzo, gli elettori 5S preferiscono non votare se di mezzo ci sono Renzi e Calenda
Uno di questi è che aver tirato dentro la coalizione che ha sostenuto D’Amico anche Carlo Calenda e Matteo Renzi è stato controproducente. In Sardegna Alessandra Todde ha vinto senza Azione e Iv – viene ricordato – due forze che continuano a bombardare i Cinque Stelle quotidianamente. A spiegare che la strada non è il campo largo ma il campo giusto, e che se col Pd il dialogo rimane aperto con altre forze il discorso cambia, è Vittoria Baldino. “Le elezioni in Abruzzo ci insegnano tre cose: che il tentativo dell’unità è necessario ma non sufficiente; non è vero, poi, che tanto più il campo è largo tanto più si avvicina alla vittoria, quindi la larghezza del campo non è direttamente proporzionale alla possibilità di vittoria; infine che i voti non confluiti più nel M5S vanno all’astensione piuttosto che all’interno del campo progressista”, ha detto la vicecapogruppo M5S a Montecitorio. Del resto lo stesso Calenda ieri ha affermato di avere “piene le balle del campo largo”.
I 5S ragionano sul secondo mandato che ha impedito di ricandidare tanti esponenti radicati nel territorio
“L’elettorato” del campo largo, ha spiegato ancora l’Istituto Cattaneo, “è attraversato da varie linee di frattura al suo interno: da una reciproca ostilità deliberatamente coltivata dai leader verso partiti oggi potenziali alleati, da una diversità di posizioni su vari temi (di politica interna ed internazionali) più profonda rispetto all’elettorato di centrodestra”. E “le due componenti più volatili di questa area elettorale” sono quella degli elettori M5S e quella dell’area del Terzo Polo. “Nel primo caso, prevale, come del resto già in passato, la tendenza ad astenersi in occasione di elezioni locali. Nel secondo, la tendenza a ricollocarsi o a tornare verso il centrodestra” specie se c’è l’alleanza con i 5 Stelle. Poi c’è la questione della tagliola del secondo mandato su cui si stanno interrogando i 5S.
La regola attualmente in vigore non ha portato a ricandidare alcuni uomini forti sul territorio, come Domenico Pettinari che alle scorse elezioni aveva preso 10mila voti ed era stato il più votato. E che la riflessione sia aperta ce lo dice anche il silenzio del leader Giuseppe Conte di ieri, dopo che a caldo aveva parlato di “risultato modesto” per il suo Movimento.