Chissà se qualcuno il giorno dopo non prova un minimo di vergogna. Chissà che fine faranno i tanti editoriali e articoli che ieri descrivevano la presidente del Consiglio Giorgia Meloni pronta “a metterci la faccia nonostante le minacce e il clima infuocato”, come se la guerra a Caivano (come in tutte le periferie d’Italia) non sia per la sopravvivenza, ma contro l’esponente di Fratelli d’Italia.
Continua la retorica del vittimismo, anche sulla sicurezza. Molti giornali hanno dato risalto a una possibile aggressione. Di preparato però c’era la claque
La narrazione della visita della premier come novella discesa del Prefetto di ferro si è sbriciolata di fronte alla realtà. Nessun esercito di camorristi attendeva Meloni, accolta – oltre che dalla propria claque – da uno sparuto gruppo di persone incazzate (questo sì) che chiedono solo una cosa: il lavoro. L’urlo di disperazione, tra l’altro, è stato coperto dai militanti di Fratelli d’Italia accorsi all’esterno della scuola Francesco Morano di Caivano: “Giorgia! Giorgia!”, hanno urlato. Eccola qui la terribile cappa di minaccia che avvolgeva la rischiosissima gita della presidente del Consiglio.
Tant’è che a rileggerle il giorno dopo, le gride d’allarme di Palazzo Chigi e del viceministro alle Infrastrutture Galeazzo Bignami, fanno sorridere, se non altro perché sarebbe bastato grattare poco sotto il solito vittimismo di governo per rendersi conto che i terribili terroristi erano una manciata di commenti di Facebook che ogni giorno bersagliano qualsiasi personaggio minimamente pubblico.
“Le intimidazioni non impediranno la nostra presenza al fianco dei tanti cittadini che chiedono sicurezza e la possibilità di un futuro migliore per i propri figli. Nella lotta alla criminalità organizzata questo governo non farà passi indietro”, aveva detto la premier, scambiando per mafiosi i tanti utenti incazzati che popolano i social. Anche perché, diciamolo chiaramente, chi potrebbe pensare che i mafiosi annuncino via Facebook le proprie intenzioni?
Al di là del ministro Calderoli che riceve presunte lettere di presunte minacce addirittura firmate da una presunta mafia che si firma “mafia”, chi potrebbe seriamente pensare che la criminalità organizzata – argomento serissimo, chiedete proprio a Caivano – possa diventare uno zimbello da utilizzare per spargere un po’ di vittimismo?
Le responsabilità su cui discutere sono ben altre, come ad esempio le ultime 24 ore di allarme declamato in televisioni e sui giornali che non hanno fatto altro che aggiungere tensione a un territorio già disperato.
E qui non può non sorgere un dubbio: non sarà che qualcuno in fondo ci sperava davvero che accadesse un incidente – seppur minimo – per poter insistere sulla retorica del vittimismo? Anche perché, questo lo sa chiunque sappia qualcosa di tutele, annunciare il rischio è il modo peggiore per garantire sicurezza. Dovrebbe essere la regola numero uno.