Di Sergio Patti
Non esiste un “grande nemico” a Bruxelles. Le piccole imprese il “grande nemico” lo hanno a casa propria, in Italia. E più percepiscono negativamente il potere nazionale, e soprattutto locale, più sperano nell’Europa. È l’inatteso risultato della ricerca curata da Ipsos Public Affairs per conto della Cna su “Che cosa pensano dell’Europa e dell’euro le piccole imprese del nostro Paese alla vigilia del Semestre europeo di presidenza italiana”. Una ricerca che demolisce molti luoghi comuni e altrettanti miti mediatici. L’Europa infatti non è il male assoluto. Nonostante anni di crescita lenta o di decrescita, solo poco più della metà degli imprenditori interpellati guarda negativamente alla Ue. E il giudizio positivo cresce insieme alla dimensione dell’impresa, fino a superare il 50% dei consensi nelle aziende di media dimensione. Anche nel settore dei servizi e nel Centro-Sud l’Europa raccoglie oltre la metà dei giudizi favorevoli.Il Sud in particolare punta sull’Europa per uscire dalla crisi.
Probabilmente perché pensa che l’Italia (e il Mezzogiorno in particolare) non possa uscire dalle sabbie mobili in cui si trova attualmente senza un robusto sostegno esterno.
La crisi e Bruxelles
A prescindere dal giudizio sull’Ue e sull’euro, solo il 6% dei piccoli imprenditori addebita all’Europa la crisi che stiamo attraversando. Il 21% ritiene che la responsabilità vada divisa tra Ue e Italia. Il 29% accusa la crisi economica ciclica mondiale, che ha molteplici cause. E il 42% se la prende con l’Italia, il suo malgoverno e le mancate riforme. Chi deve assumersi allora la responsabilità di adottare le scelte strategiche capaci di riportare l’Europa sulla strada della crescita? La platea è ancora una volta divisa: il 54% (il 64% del Nord-Ovest) preferirebbe affidarsi a una guida nazionale, il 46% (il 52% del Centro-Sud) guarda con maggiore fiducia all’Ue.
La promozione dell’euro non lascia dubbi. Il 57% dei piccoli imprenditori valuta positivamente la moneta unica: semplifica e garantisce gli scambi, è accettata dappertutto. Anche una parte consistente di chi la vive in maniera negativa non vorrebbe abbandonarlo. “Meglio uscire dall’euro” lo afferma solo il 27% del campione, grazie soprattutto a quel 18% che ha nostalgia delle svalutazioni competitive della lira. Ma i rischi – delle svalutazione – sono temuti dalla stragrande maggioranza (73%) dei piccoli imprenditori. E si chiamano: crescita dei tassi d’interesse, aumento dei prezzi delle materie prime, incremento del costo dell’energia. Le imprese con più addetti e le imprese del Nord-Est sentono maggiormente (62%) i benefici dell’euro. Più comprano dall’estero materie prime ed esportano prodotti finiti, più ne apprezzano la stabilità.
Il semestre italiano
Le richieste delle piccole imprese sono eliminare tutto quello che distorce la concorrenza fra i sistemi e fra le imprese. E, di conseguenza, si chiedono interventi per ridurre la pressione fiscale, sburocratizzare la macchina pubblica, facilitare il credito alle imprese, una richiesta che tocca il 52% nel Centro-Sud. Un pacchetto che permetta di avvicinare l’Europa alle esigenze delle imprese. E al futuro si guarda con ottimismo. A cinque anni l’orizzonte si colora infatti di rosa. Il 59% dei piccoli imprenditori ritiene che l’Ue vada nella direzione giusta con punte tra le imprese maggiori (65%), nei settori dell’industria e delle costruzioni (63%) e al Centro-Sud (67%). Ora però serve un Mr Europa, cioè una forte e riconoscibile guida politica, così come esiste un Mr euro, incarnato Mario Draghi. ed è necessario un vero governo unico, non ostaggio di appetiti e paure dei diversi Paesi.