L’Ecofin apre alla riforma del Patto di stabilità. L’accordo è molto più vicino: una riunione straordinaria potrebbe arrivare intorno al 23 novembre, per poi trovare la chiusura definitiva a dicembre. Entro l’anno, quindi. La Germania non dovrebbe bloccare la riforma, anzi la sta indirizzando facendo asse con la Francia. L’Italia, invece, è completamente isolata e i partner europei non capiscono il veto di Roma sul testo.
Ciò che stupisce è il Mef che fa sapere che è meglio il ritorno alle vecchie regole che il nuovo testo. Tutti sanno, però, che con le vecchie regole a rimetterci più di chiunque altro sarebbe proprio Roma. Inoltre il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, durante la riunione dell’Ecofin non ha detto nulla, affidando poi il messaggio di contrarietà solo alla stampa italiana.
Nessuna posizione comune con la Francia e la Spagna, un asse su cui Roma avrebbe potuto puntare. Peraltro a Bruxelles c’è chi ritiene troppo morbido il testo di mediazione proposto dalla Spagna, mentre nessuno si schiera con l’Italia e il suo rifiuto. Madrid ha tenuto tra l’altro conto delle indicazioni di Parigi, simili a quelle italiane.
Il testo per il nuovo Patto di stabilità
Il nuovo Patto dovrebbe prevedere un piano di rientro dal deficit in sette invece invece che in quattro anni per chi ha nel suo Pnrr riforme strutturali. Inoltre le spese come quelle per la Difesa, per il Pnrr e il cofinanziamento saranno considerate con un trattamento agevolato nel calcolo del deficit: non è lo scorporo chiesto dall’Italia, ma ci si avvicina.
Dall’altra parte, invece, viene concessa alla Germania una salvaguardia sulla riduzione del deficit, per cui non basterà scendere sotto il 3% ma probabilmente si dovrà arrivare intorno al 2%. Su questo punto l’Italia è fermamente contraria.
L’Italia sola contro tutti in Ue
Le posizioni dell’Italia sembrano poco comprensibili a tutti a Bruxelles. Così come lo sono le critiche rivolte dal governo al commissario all’Economia, Paolo Gentiloni, che per alcuni è addirittura troppo morbido con Roma: l’esatto opposto di ciò che sostiene l’esecutivo italiano.
Secondo alcuni, Giorgetti sta provando a tenere una posizione quanto più dura possibile in vista del 21 novembre, quando arriverà il giudizio della Commissione sulla manovra. Ma anche in vista della valutazione della revisione del Pnrr, su cui Bruxelles sembra avere dubbi. E, ancora, c’è in ballo la partita del Mes: Giorgetti cerca di prendere tempo, ma i partner europei iniziano a essere stanchi dei continui rinvii. E l’Italia resta sempre più sola nei tavoli di Bruxelles.