Resterà ministro degli Esteri, quello sì. Ma lascerà la presidenza di Alternativa popolare (Ap), il movimento fondato il 18 marzo di quest’anno che ha raccolto l’eredità del Nuovo Centrodestra (Ncd), per avere le mani libere e scindere così i due piani: quello del partito da una parte e quello del Governo dall’altra.
Da quanto appreso da La Notizia martedì prossimo, durante la direzione, Angelino Alfano farà un “passo di lato” – così è stato definito da ambienti vicini all’ex delfino di Silvio Berlusconi – e affiderà le chiavi di Ap a Maurizio Lupi, ex ministro dei Trasporti del Governo di Matteo Renzi e oggi capogruppo dei centristi a Montecitorio. Il doppio ruolo che Alfano ricopre oggi comincia infatti a dargli più problemi che benefici. Prendiamo il caso dello Ius soli. Sul discusso provvedimento, già approvato dalla Camera e ora impantanato al Senato, il titolare della Farnesina è fra l’incudine e il martello. Da un lato c’è il pressing continuo di chi, nel suo partito, manifesta un giorno sì e l’altro pure la propria insofferenza nei confronti della legge sulla cittadinanza.
Dall’altra c’è, come noto, l’alleato di Governo – il Partito democratico – che coi suoi esponenti più rappresentativi, dal premier Paolo Gentiloni ai ministri di Interni e Trasporti Marco Minniti e Graziano Delrio, spinge affinché la legge vada in porto. Così, affidando a Lupi la gestione della linea politica del partito, “Angelino” si smarcherebbe (almeno sulla carta) dalle critiche. Uno stratagemma bello e buono, vero. Ma tant’è.
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