Protestano le partite Iva a Piazza del Popolo. Chiedono il “condono delle cartelle o, se volete, chiamatela pace fiscale” e che “il calcolo per i futuri ristori sia fatto prendendo a riferimento il calo di fatturato di un intero anno e non solo di un mese”. Tutto questo alla vigilia del decreto Sostegni di cui ancora non si hanno notizie. Nonostante le numerose riunioni che si susseguono. E non se ne avranno prima della prossima settimana. Un ritardo che per i 5 Stelle, e non solo per loro, è diventato pesante. “Commercianti, artigiani, albergatori, proprietari di palestre: ci sono segmenti produttivi bloccati da mesi, e non possono aspettare oltre. Il M5S ha deciso di far parte di questa maggioranza di governo per incidere: lo scostamento di bilancio da 32 miliardi è stato votato dal Parlamento ormai quasi due mesi fa, e ulteriori rinvii non sono più accettabili”, dice il capogruppo al Senato Ettore Licheri.
Ma i ritardi si spiegano con lo stallo politico su alcuni temi chiave del provvedimento. Il primo rebus irrisolto riguarda le modalità di calcolo del fatturato per erogare i ristori. Abbandonando i codici Ateco la platea si fa molto più ampia e un limite di fatturato per accedere è necessario. Le simulazioni effettuate fin qui includono anche i professionisti e adottano il tetto dei 5 milioni, quello applicato già lo scorso anno con i primi contributi a fondo perduto del decreto Rilancio. Si starebbero facendo i calcoli per vedere di portare questa soglia fino a 10 milioni. L’ultimo parametro che si è considerato guarda alla media mensile moltiplicata per due: il ristoro verrebbe dunque modulato su un bimestre di perdite.
Ma il centrodestra, soprattutto, preferirebbe usare come riferimento il totale complessivo delle perdite in tutto il 2020. Frizioni si registrano poi sul fisco. Anche qui i partiti del centrodestra insistono per la cancellazione delle cartelle pre-2015 sotto i 5000 euro ma Pd e Lue frenano, ritenendo che la misura sia un condono più o meno mascherato. La viceministra all’Economia Laura Castelli preme (nella foto) per una nuova rottamazione e saldo e stralcio e per intervenire sulle norme del diritto fallimentare per liberare le imprese dal debito fiscale. Si starebbe valutando se mettere in campo una nuova sospensione dei versamenti in scadenza il 16 marzo, in attesa anche di decidere come utilizzare il fondo creato con l’ultimo decreto Ristori per ridurre o cancellare i versamenti di Irpef, Ires, Irap, Iva o contributi già bloccati dall’autunno per le imprese in perdita o costrette a chiudere nelle zone arancioni e rosse.
Work in progress anche sul pacchetto lavoro, che tra rinnovo della Cig, congedi e indennità per stagionali e precari dovrebbe valere circa 10 miliardi. Anche qui tra le forze della maggioranza si riscontrano sensibilità diverse tra chi pensa che per alcuni settori si possa allentare il divieto sui licenziamenti e chi insiste per mantenere la proroga sulla misura come per la Cig Covid. Il decreto potrebbe mettere nero su bianco anche il nuovo rinvio, annunciato dal Mef, per la digital tax che andrà versata entro il 16 maggio, mentre la dichiarazione andrà fatta entro il 30 giugno. E qui si fa vibrante la protesta di Leu. “Bisogna prima di tutto dire che di per sé la misura è insufficiente. Questa non è la Web tax che serve. Se addirittura si decide per un rinvio del saldo, le cose non vanno bene”, dichiara il deputato Luca Pastorino.