di Stefano Sansonetti
Dai botti di Capodanno ai botti della campagna elettorale. Costo complessivo, almeno per il momento: 137 miliardi di euro l’anno. Davvero niente male. Del resto fare rumore con questa o quella proposta può aiutare a raggranellare voti. Semmai sarà un problema successivo riuscire a realizzare i vari progetti. Elaborazioni e stime alla mano, alcune delle quali ancora un po’ grezze, presentano un conto salatissimo. Se ne può ricavare una classifica, in ordine di peso economico sul bilancio dello stato. Ne risulta che la proposta più costosa è la famosa flat tax del centrodestra, sponsorizzata in particolare dal leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, e da quello della Lega, Matteo Salvini. A dir la verità qui le declinazioni nel corso dei mesi sono state diverse. Il Carroccio spinge da anni per una “tassa piatta” al 15%, mentre Berlusconi ha in più occasioni parlato del 20%. In tempi più recenti, invece, i forzisti hanno alzato l’asticella al 25%.
Elaborazioni – In ogni caso si tratterebbe di sostituire Irpef e Ires con la nuova percentuale, valida per i redditi di persone fisiche e imprese. Un’approfondita stima dei costi della flat tax berlusconiana è stata fatta nel 2014 dagli economisti Francesco Daveri e Luca Danielli in un articolo su Lavoce.info, nel quale veniva stimato in 95 miliardi di euro l’anno il minor gettito determinato da una “tassa piatta” al 20%. Naturalmente i sostenitori garantiscono piena copertura all’operazione, derivante soprattutto dall’aumento di gettito prodotto da una minore evasione, a sua volta ottenuta grazie a un meccanismo fiscale (a loro dire) più giusto. La seconda proposta più costosa, tra quelle emerse in queste prime battute di campagna elettorale, è la cancellazione della riforma Fornero sulle pensioni, propugnata dalla Lega e dal Movimento 5 Stelle. Qui il calcolo si fa un po’ più complicato, perché alle stime contenute all’epoca nella relazione illustrativa della riforma vanno affiancati i temperamenti nel frattempo ottenuti con tutta una serie di misure su esodati e anticipi pensionistici. Ad ogni modo il risparmio che può essere accreditato alla riforma Fornero ancora a partire dal 2019-2020 si aggira intorno ai 20 miliardi l’anno. Anche qui, allora, un peso di non poco conto.
Al terzo posto si piazza il cavallo di battaglia dei Cinque Stelle, ovvero il reddito di cittadinanza. Sul punto una delle stime più evolute della misura, che riguarderebbe 2 milioni e 759 mila famiglie e comporterebbe un assegno mensile di 780 euro, è stata presentata nel 2015 al Parlamento da Giovanni Alleva, presidente dell’Istat. Il quale ha stimato il peso economico della proposta grillina in 14,9 miliardi di euro l’anno. Subito fuori dal podio, invece, un’altra proposta di Forza Italia, ovvero l’aumento a mille euro delle pensioni minime. Anche in questo caso bisogna fare attenzione a come si declina il piano, perché a quanto pare gli azzurri non hanno intenzione di aumentare a mille euro tutte le pensioni che oggi sono al di sotto di questa soglia (circa 6 milioni) ma solo gli assegni minimi (circa 840mila). Insomma, fatta questa precisazione il costo sul bilancio pubblico si aggirerebbe intorno ai 4 miliardi di euro l’anno.
Le altre – La carrellata può continuare con la proposta di abolizione del canone Rai, fatta qualche giorno da dal segretario Pd, Matteo Renzi. Stando ai documenti contabili dell’azienda televisiva si tratta di 1,7 miliardi di euro l’anno, che dovrebbero essere sostituiti da altri trasferimenti. E’ appena il caso di ricordare che lo stesso Governo Renzi aveva già ridotto il canone Tv, da 113 a 90 euro, prevedendo il suo inserimento in bolletta. Per questo una sua abolizione, secondo il ministro dello sviluppo, Carlo Calenda, configurerebbe una contraddizione, a meno di non privatizzare la Rai. Infine abbiamo la proposta di cancellazione delle tasse universitarie, formulata dal leader di Liberi e Uguali, Piero Grasso, che costerebbe 1,6 miliardi di euro. Il conto finale di queste proposte, seppur provocatorio, è appunto di 137 miliardi l’anno. Una cifra che fa capire con quanta facilità si facciano promesse elettorali.
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